Il dilemma che hanno avuto tutti i Governi fino a oggi è come spendere i quattrini che incassano mediante imposte, tasse e altri mezzi analoghi. La difficoltà sta nel fatto che mentre la spesa corrente accontenta subito i/le cittadini/e, che poi votano, quella per investimenti produce effetti a distanza di molti anni, e in qualche caso di decenni, con la conseguenza che non viene apprezzata costantemente dai/dalle cittadini/e e quindi non influenza le votazioni.
È proprio qui la grande differenza fra gli statisti, che guardano molto avanti, e le persone di scarsa consistenza culturale, morale e professionale, che invece agiscono prendendo decisioni giorno per giorno, inseguendo il consenso.
Quest’ultimo è effimero, perché il corpo elettorale italiano, ormai da trent’anni, ha dimostrato una fluidità notevole, in base a cui sposta il proprio consenso da partiti minuscoli ad altri più grandi e da questi ultimi a quelli più piccoli.
È così capitato con Forza Italia nel 1994, poi è capitato al Pd nel 2014 e al Movimento 5 stelle nel 2018.
L’attuale maggioranza è stata eletta nel 2022, ma nessuno pensava che potesse ricevere i suffragi necessari per potere governare. Anche in questo caso l’elettorato si è spostato in massa dal M5s, dopo essere transitato dalla Lega nel 2019, cui destinò il trentaquattro per cento dei voti, per poi approdare a questa maggioranza del 2022.
Ricordiamo ancora una volta che questa legge elettorale, chiamata Rosatellum dal nome del suo ideatore, è poco democratica perché consente a circa il trenta per cento degli aventi diritto al voto di eleggere una maggioranza che in atto è intorno al cinquantasei per cento dei seggi di Camera e Senato.
Il perverso meccanismo avviene perché quasi la metà degli elettori non va a votare, mentre i votanti, col meccanismo dei collegi uninominali, escludono una parte cospicua dei perdenti.
Abbiamo voluto soffermarci su questo meccanismo ancora una volta, per chiarire la ragione secondo cui la spesa pubblica viene indirizzata a quella corrente, piuttosto che a quella destinata a investimenti.
Dobbiamo subito spiegare che il miliardo impiegato in infrastrutture, destinatarie di investimenti, produce all’incirca diciassettemila posti di lavoro, mentre lo stesso miliardo destinato alla spesa corrente ne produce forse un decimo. Dunque, è evidente la convenienza a spendere per investimenti in infrastrutture, tecnologia e altro, piuttosto che dilapidare il denaro pubblico in tante correnti e correntine, che appunto non producono nuova occupazione.
Il Governo si vanta giustamente di avere raggiunto un record di ventiquattro milioni di occupati, con una disoccupazione ufficiale del 6,5 per cento. Bisogna dargli atto di questi ottimi risultati, ma anche spiegarli, nel senso che questa notevole nuova occupazione è conseguenza degli investimenti che si sono effettuati con il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il quale ha consentito l’apertura di migliaia e migliaia di cantieri e quindi l’assunzione del relativo personale.
Purtroppo il Pnrr finisce nel 2026 e, in altro editoriale, abbiamo spiegato come l’anno seguente, il 2027, anche per questa ragione sarà un anno difficile.
La scelta di spendere per investimenti e non per consumi dovrebbe essere fatta non soltanto dal Governo nazionale, ma anche dalle Giunte regionali, provinciali e comunali. Ma così non è per le ragioni che abbiamo prima elencato, sperando di essere stati chiari ed esaurienti: l’affannosa ricerca del consenso giorno per giorno.
Ed ecco che vediamo strade comunali e provinciali abbandonate, immobili destinati a scuole che non hanno avuto le opportune ristrutturazioni antisismiche e neanche i propri impianti sono stati messi in sicurezza, con impianti termici fatiscenti e altre carenze. Vi sono regioni italiane con reti ferroviarie a un binario, non ancora elettrificate, e stazioni di inizio dell’altro secolo.
Ma soprattutto non si fanno investimenti in formazione del personale e tecnologie digitali che sveltiscano tutte le attività e producano incremento di valore a tutte le cose che si fanno.
Cecità? Fate voi.