Cava Ispica: ecco il regno del degrado

RAGUSA – Passano gli anni ma il degrado e l’abbandono a Cava Ispica continua a permanere, soprattutto nel versante nord di contrada Baravitalla. Qui, infatti, dopo le indagini svolte negli anni ‘80 e dopo le importanti scoperte rinvenute, la zona è stata abbandonata al proprio destino.
A volte passano di lì alcuni turisti smarriti dalle indicazioni e dai cartelli parziali: la segnaletica non è delle migliori. Questa desolante desertificazione è aumentata dopo l’alluvione del 2002 e dopo la caduta del ponte di Baravitalla, spiacevole conseguenza del violento fenomeno atmosferico.
Il ponte, purtroppo, deve essere ancora ricostruito nonostante siano trascorsi quasi dieci anni dal suo crollo. Una bruttura che sta lì a testimoniare la lentezza burocratica nella realizzazione delle opere pubbliche e l’incuria di chi dovrebbe intervenire almeno per preservare l’incolumità di persone e animali che avventurandosi per la stradina potrebbero incappare in seri pericoli: nessun segnale e nessuna delimitazione, infatti, è presente prima della pericolosa voragine.
Sulla ricostruzione del ponte, negli anni, ne sono state dette tante, ma oggi la realtà è sotto gli occhi di tutti e a farne le spese, in primis, sono i residenti delle contrade limitrofe e la fruibilità di una vasta zona che presenta diversi siti di notevole importanza archeologica. La caduta del ponte ha, inoltre, agevolato l’abbandono nelle immediate vicinanze di ogni genere di rifiuto, anche pericoloso. Cittadini incivili continuano a usare il sito come una vera e propria discarica. E così, a distanza di pochi metri dai siti da visitare, è possibile rinvenire di tutto: carcasse di animali morti, copertoni dismessi, piatti e vasi rotti, rifiuti vari, recipienti in eternit, ecc…Purtroppo un patrimonio del genere, che potrebbe rappresentare una grande opportunità di crescita per il territorio e un’occasione di rilancio e arricchimento dell’offerta turistica per l’intera provincia, non solo non è apprezzato e valorizzato, ma viene addirittura disprezzato e violentato giorno dopo giorno.
Stiamo parlando, per esempio, delle grotte o delle tombe usate anche come stalle per gli animali da pascolo, per non parlare dell’impraticabilità di ogni percorso a suo tempo realizzato e che consentirebbe, una volta ripulito, di raggiungere gli importanti siti archeologici come la famosa “Tomba del re a finti pilastri” o la “Grotta dei Santi’.
Ogni ingresso è sbarrato da rovi e quant’altro che ne ostruiscono il percorso e che, a quanto pare, da anni non viene scerbato. Altro grosso problema è costituito dalla carenza di segnaletica stradale e turistica adeguata. Sin dall’ingresso della stradina che conduce all’area-parcheggio, è possibile notare l’abbandono costituto in primis dalla segnaletica distrutta e illeggibile tra i rovi che avvolgono i cigli stradali ancora da scerbare e dall’inesistenza di alcuna segnaletica che indichi il pericolo costituito dall’interruzione della strada da lì a poco per via del crollo del ponte.
La segnaletica turistica, invece, risulta carente perché manca di indicazioni e le poche esistenti per arrivare nelle grotte sono sbagliate. Come non parlare ancora delle infrastrutture, a suo tempo realizzate con fior di quattrini pubblici e oggi completamente distrutte, a iniziare dall’area-parcheggio, dotata un tempo di ogni comodità necessaria a chi doveva sostare per ristorarsi. Qui è facile accorgersi del totale degrado in cui versa il sito: dai rifiuti di qualsiasi genere (è possibile rinvenire persino scarti di eternit) alla mancata scerbatura di ogni spazio, dalla distruzione dei muretti a secco, privi delle pietre superiori, alla completa distruzione dei servizi igienici preda degli atti di razzia e di vandalismo.
Da ciò si desume facilmente che l’incuria degli Enti pubblici nel corso degli anni ha facilitato tali atti di vandalismo e di vero e proprio sciacallaggio; all’esterno di tali servizi, infatti, abbiamo dovuto faticare non poco per scansare rovi e sterpaglie che ormai hanno preso il sopravvento su tutto. Ma i problemi del parco non sono soltanto quelli riguardanti il versante nord; anche la Chiesa di San Pancrati risalente ai secoli V e VI d.C., a poche centinaia di metri dall’ingresso principale al parco, versa in uno stato di abbandono e degrado tale da non renderla affatto fruibile. Al suo ingresso, oltre alla presenza di rifiuti incivilmente abbandonati ai margini della strada,  si intravede un cancello sbarrato con tanto di lucchetto che non permette a nessuno di poter visitare il sito che anche al suo interno è lasciato in uno stato di totale abbandono. Ciò completa il quadro abbastanza desolante del parco archeologico di Cava d’Ispica. Un parco di un tale inestimabile patrimonio e dall’immane potenzialità che, per un motivo o per un altro, non solo non si riesce a valorizzare e sfruttare, ma non si riesce nemmeno a tutelare e preservare per le future generazioni.
 

 
Qualche sporadico intervento da parte della società civile
 
RAGUSA – In mancanza di risorse economiche per valorizzare la zona, da parte degli Enti competenti coinvolti, si registrano soltanto iniziative dei privati volte a sensibilizzare i cittadini al rispetto di tali luoghi.
Dallo scorso mese di aprile, infatti, si sono svolte le escursioni “Primavera al Parco”, che i Comuni di Modica e Ispica hanno inteso promuovere in collaborazione con la Soprintendenza di Ragusa, Legambiente “Circolo Melograno” di Modica e sotto l’egida dell’assessorato regionale per i Beni culturali. Anche quest’anno, inoltre, prenderà il via il IX campo di volontariato internazionale promosso dall’associazione il “Melograno” di Legambiente e che coinvolgerà undici volontari di diversa nazionalità che saranno impegnati a riqualificare alcuni sentieri del parco archeologico di Cava d’Ispica: quelli di c.da Finocchiara e quelli di c.da Calicantoni. A tal proposito, il presidente dell’associazione, Giorgio Cavallo, ha lanciato una forte denuncia contro quella forma di violenza ambientale cui è sottoposta una vasta area di Cava Ispica ricettacolo di ogni tipo di rifiuto, compresi quelli pericolosi, che sono stati individuati e rimossi nel corso delle precedenti campagne di volontariato internazionale.
Il direttore del parco di Cava d’Ispica, Giorgio Battaglia, ha preso atto di questo stato di cose e porrà la questione nelle opportune sedi, rimarcando con soddisfazione l’utilità dei campi di volontariato. Per il resto, soltanto qualche sporadico intervento di scerbatura e nulla di più per un’area che continua a rimanere nel totale abbandono.