ROMA – Scottano, quanto scottano le poltrone dei presidenti delle Regioni italiane. Fare il governatore in questo Paese non è più uno sport per cuori deboli. Ormai infatti non si tratta soltanto di affrontare bilanci disastrati e buchi nella sanità, ma è una corsa a ostacoli per evitare di entrare nel mirino della magistratura. Senza alcuna discriminazione di età, luogo di nascita, opinioni politiche o preferenze sessuali, infatti, le toghe nostrane hanno chiesto il rinvio a giudizio di ben quattro presidenti attualmente in carica: il Lombardo Raffaele e il lombardo Formigoni, il pugliese Nichi Vendola e l’emiliano Vasco Errani.
Per il governatore siciliano, quasi un ex dato che oggi si dovrebbe dimettere (il condizionale è d’obbligo fino all’ufficialità), la Procura della Repubblica di Catania ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio per reato elettorale aggravato dall’avere favorito l’associazione mafiosa.
Restando sempre al Sud, la procura di Bari ha chiesto il rinvio a giudizio per il presidente della Puglia, Nichi Vendola, e per l’ex dg della Asl di Bari, Lea Cosentino. Per i due l’accusa è di concorso in abuso di ufficio. Per i pm, infatti, Vendola fece pressioni sulla Cosentino per favorire medici o dirigenti Pd o Sel, in relazione al concorso da primario di chirurgia toracica all’ospedale San Paolo di Bari.
Spostando l’attenzione verso il centro produttivo del Paese, la musica non cambia. Il presidente della Regione Emilia-Romagna, Vasco Errani, rischia di essere rinviato a giudizio per falso ideologico nell’ambito dell’inchiesta sul finanziamento alla cooperativa Terremerse, presieduta dal fratello Giovanni Errani. Il governatore è accusato di aver fornito informazioni sbagliate alla Procura per favorire il parente.
Infine anche a Nord del Po, nel cuore della “Padania”, è arrivata la longa manus della magistratura italiana. Roberto Formigoni è indagato dalla Procura di Milano nell’ambito dell’inchiesta sulla fondazione Maugeri. Al presidente lombardo è contestato il reato di corruzione, con l’aggravante dei reati transnazionali, in concorso con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e l’ex assessore regionale Dc alla Sanità, Antonio Simone, attualmente in carcere nell’inchiesta sulla sanità lombarda, e con Umberto Maugeri e Costantino Passerino.
Se è vero che i giudici fanno il loro dovere, è altrettanto vero che guidare gli esecutivi regionali sta diventando un’attività sempre più rischiosa. Per capire quanto è alta la posta in gioco, basta ricordare che il siciliano Totò Cuffaro sta attualmente scontando la condanna per favoreggiamento aggravato a cosa nostra e per rivelazione del segreto d’ufficio nella poco accogliente residenza romana di Rebibbia.
Anche l’ex governatore dell’Abruzzo, Ottaviano Del Turco, ha conosciuto le patrie galere: nel 2008 ha soggiornato per ventotto giorni nel carcere di Sulmona. Tutt’ora è in corso il processo che vede Del Turco accusato di associazione per delinquere, truffa, corruzione e concussione, nell’ambito di un’inchiesta avviata dalla Procura della Repubblica di Pescara sulla gestione della sanità privata in Abruzzo.
E che dire allora dell’ex presidente della Regione Lazio, Francesco Storace, ora leader de “La Destra”, che pure ha conosciuto la spada di Damocle delle Procure, nell’ambito dello scandalo "Laziogate" del marzo 2006. Nel procedimento ancora in corso, l’accusa è quella di interferenza nel corretto svolgimento delle elezioni regionali del 2005, tramite una specifica attività condotta dal servizio informatico regionale tendente ad ostacolare la lista Alternativa sociale di Alessandra Mussolini. A onor del vero, in questo caso, il sostituto procuratore generale di Roma ha recentemente chiesto l’assoluzione con formula piena.
Ma ancora l’elenco non è finito. Antonio Bassolino, ex governatore della Campania, nel febbraio 2008 viene rinviato a giudizio su richiesta della Procura di Napoli con ipotesi di reato che vanno dalla frode in pubbliche forniture, alla truffa ai danni dello Stato, abuso di ufficio, falso e reati ambientali, nel periodo in cui era Commissario Straordinario per l’emergenza rifiuti. Il 23 aprile 2012 cadono in prescrizione molti dei capi di accusa nel processo sui rifiuti in Campania. Nonostante ciò l’assoluzione, richiesta dagli avvocati, non viene concessa. Il 4 luglio 2012 la Corte dei conti della Campania ha sentenziato riguardo la gestione del commissariato per le alluvioni. Con questa sentenza i giudici contabili hanno condannato Bassolino e un dirigente della Regione, Fernando De Angelis, a risarcire la presidenza del Consiglio dei Ministri – dipartimento della Protezione Civile per circa 195.000 euro a testa.
Infine, ma qualcuno potrebbe essere sfuggito, l’ex presidente della Regione Calabria, Agazio Loiero, è stato coinvolto nell’inchiesta Why Not condotta dall’allora Pm Luigi De Magistris, attualmente sindaco di Napoli. A seguito di tale indagine, nata per far luce su presunti illeciti nella gestione dei fondi pubblici destinati allo sviluppo della Calabria, il politico è stato accusato per il reato di abuso d’ufficio. Assolto in primo grado, la Corte d’appello di Catanzaro, nel gennaio 2012, lo ha condannato a un anno di reclusione.
In Sicilia la campagna elettorale è alle porte e ormai non si contano più i politici che hanno annunciato la propria candidatura allo scranno più alto di Palazzo d’Orleans. Ma, rebus sic stantibus, sarebbe meglio pensarci più di una volta. Il rischio di passare dalla poltrona alle aule giudiziarie, a quanto pare, non è indifferente.
Antonio Leo
Twitter: @ToniBandini