Senza risposte alla nostra protesta l’unica soluzione è entrare in politica

Come nasce la sua candidatura alla presidenza e la decisione dei Forconi di correre da soli?
“È la conseguenza della mancanza totale di risposte alla protesta di gennaio. L’idea non è nata da me, ma dal movimento. L’unica strada che possiamo percorrere è quella politica. Purtroppo non c’è una lira e, dopo quello che è successo a gennaio, non aver avuto risposte è scandaloso e l’unica strada che rimane è quella politica, oltre a questa rimarrebbe quella non praticabile della lotta armata”.
Chi vi sostiene?
“Ci sostiene il movimento e soprattutto tanta gente comune che, avendo condiviso le rivendicazioni del nostro messaggio, lo ha capito e fatto suo. La sopportazione verso questa classe politica è arrivata ai limiti, la gente spinge per aprire i palazzi. Questa classe politica ha portato la nostra terra al fallimento e la soluzione è cambiare i volti e i comportamenti: in nessun Paese i politici fanno una carriera di 40 anni!”
Le vostre rivendicazioni non hanno avuto quindi risposte?
“Nessuno ci ha dato torto, perché le nostre ragioni erano sacrosante. Ma le risposte politiche sono mancate. Sarebbero servite per far partire l’economia di imprese ormai sul lastrico. A questo punto, la strada che ci è rimasta è questa e la pratichiamo”.
Perché solo una parte dei Forconi si è alleata con Cateno De Luca?
“Non è una parte dei Forconi, ma solo uno: Martino Morsello. Lui ha scelto di andare con De Luca, il problema è che ha fatto un’operazione squallida di cui si sarà pentito. Abbiamo scelto di andare da soli perché quello che è passato sulla stampa è solo spazzatura, stanno cercando in tutti i modi di distruggerci. Non credo comunque che sarà un cammino semplice: per noi è difficile fare una campagna elettorale senza fondi, mentre per la stampa è facile distruggerci buttando discredito o fango su di noi”.
Avete già approntato un programma?
“I programmi si assomigliano un po’ tutti, il problema è trovare le ricette, che a volte si sovrappongono. Abbiamo chiesto di defiscalizzare i carburanti. L’altro giorno Zamparini ha detto in tv che se solo la Sicilia prendesse le royalty dal petrolio potrebbe vivere tranquillamente di questo. Se sfruttassimo il turismo, le coste, il mare, le bellezze architettoniche. Purtroppo siamo una colonia sfruttata da tutti, mai guardata come una terra ricca, ma sempre sfruttata e così la Sicilia è rimasta la terra più povera d’Italia. Potremmo essere forse i più ricchi d’Italia, bisognerebbe solo amministrare l’Isola in modo diverso. Ci siamo sempre fatti guardare per i difetti, mai per i pregi”.
Partiamo dalla questione economica per sapere che ne pensa del decalogo che il QdS ha approntato per i candidati alla presidenza (che riportiamo in basso). Qual è la ricetta per rimettere i conti a posto?
“Sicuramente, evitare gli sprechi enormi, tutti i sottogoverni e i consorzi di bonifica, la formazione, che è diventata una macchina di spreco: formiamo tante persone ma solo per sprecare denaro. Se formassimo veramente i giovani, i problemi sarebbero risolti. La sanità poi, nonostante i tagli dell’assessore Russo, ancora spreca in modo allucinante”.
È d’accordo con la semplificazione della burocrazia e la digitalizzazione della Pa?
“Sono cose talmente ovvie… Se si aspettano due o tre anni per un’autorizzazione, nessun imprenditore al mondo è disposto a finire nelle maglie della burocrazia. Chi ci è passato come me sa che vuol dire. Con la digitalizzazione forse sarebbe possibile tagliare i funzionari e i dirigenti regionali. La questione diventa banale”.
Per arrivare alla trasparenza qual è la strada?
“Mettendo fuori dai palazzi tutti i bilanci e i costi della Regione. Ci dicono che abbiamo 20 miliardi di debiti e non sappiamo qual è la verità, noi vogliamo sapere qual è la situazione reale”.
Come si pone sulla questione dell’apertura dei cantieri aperti con fondi europei?
“Non si è lavorato bene perché si è cercato di spendere per strutture clientelari e non per i settori strategici: agricoltura e turismo. Bisognava spingere su un metodo diverso: durante lo sciopero abbiamo proposto di andare in deroga alle norme comunitarie, perché i fondi europei sono una boccata d’ossigeno. L’assessore Bufardeci aveva intrapreso la strada della Conferenza Stato-Regioni per dire a Bruxelles che questi fondi li avremmo spesi tutti, ma solo se ci avessero permesso di andare in deroga, per tamponare l’emergenza nell’agricoltura. Si potevano spendere in modo più facile, ma aumentando i controlli. Rischiamo di perderli tutti: abbiamo i soldi e non li spendiamo, siamo al paradosso!”
Lo scioglimento dei Comuni che non approvano il bilancio entro il 31 dicembre è una soluzione?
“Potrebbe essere una strada. Ogni anno c’è un bilancio che è approvato a maggio o giugno. La strada potrebbe essere stringere i controlli: chi non chiude il bilancio va a casa. C’è bisogno anche per loro di una spending review”.
 

 
“Si può fare”: la speranza deve rinascere. Con il popolo alle spalle, basta con il far west
 
Come condurrete la campagna elettorale?
“Come abbiamo fatto fino a oggi: gireremo le piazze, facendo i comizi, contattando le persone, girando tutte le città. Cercheremo di avvicinare le televisioni locali e la televisione pubblica, che dovrebbe dare spazio a tutti, ma così non è al momento”.
Il vostro motto è “Si può fare”. Ma cos’è la prima cosa che si può fare in Sicilia?
“È una frase venuta fuori dall’idea di Obama, Yes we can, un sogno che in America si è realizzato. Non so se in Sicilia si può realizzare. In Italia qualcuno l’ha sperimentato, come Veltroni, e non ha avuto molto successo. La prima cosa da fare è far rinascere la speranza che qualcosa può cambiare. Dobbiamo farci rispettare dal resto del mondo come isola e come siciliani, perché viviamo in una terra dove tutti vengono a copiare, le eccellenze vengono taroccate da tutti. È quasi una risposta demagogica, però si deve ripartire mettendo un po’ di ottimismo, cominciando a fare le cose di buon senso: gli sprechi sono da cancellare, dando un segnale come classe politica, i deputati non possono guadagnare come un senatore (anzi, gli si devono pagare solo le spese), gli assessorati non possono prendere 400 mila euro l’anno senza risultati. Quindi basta con gli sprechi nella società, basta con i fondi europei spesi in malo modo, basta con tutto il far west che si è creato: si facciano le cose con serietà. Quella rivoluzione di cui abbiamo parlato vogliamo trasferirla nei palazzi. E quand’anche i nostri deputati potessero varcare la soglia di Sala d’Ercole non faranno niente senza il popolo alle spalle: bisogna chiamare all’appello il popolo, che deve guidare, controllare e indirizzare la classe politica”.
 

 
D’accordo con il decalogo. Per la legalità, servono leggi
 
Le mosse anti corruzione?
“Corruzione, inefficienza, illegalità, ritardi, burocrazia… Per gli appalti ci si ritrova a vedere cose incredibili, per un buco nella strada si spendono anche 70 mila euro. È una questione di subappalti senza regole e di ditte che non rispettano le norme sulla sicurezza. Siamo davanti a un malato che dev’essere curato con la chemioterapia, che non può essere la legalità finta. C’è una corrente antimafia che non sappiamo se ha funzionato. Anziché parlare di legalità, bisognerebbe legiferare”.
Come si pone sulle partecipate?
“Bisognerebbe utilizzare il personale in modo intelligente. Si può smettere di esternalizzare, penso alle società di rifiuti: credo si possa tornare a gestire i servizi con personale del Comune”.
Cosa fare per valorizzare il ciclo dei rifiuti?
“È un discorso nazionale: incentivare la spazzatura che è una miniera, oggi solo per chi la gestisce. La discarica di Bellolampo è stata data a fuoco per scaricare in altre discariche, per il business dei trasporti e delle nuove discariche. Sono vacche da mungere, tutti chiudono gli occhi, ma questa è una risorsa che non si può perdere. Mi piacerebbe vedere gli effetti degli inceneritori che ci sono in alcune città della Germania. Lì sono più avanti per le energie alternative, ma non penso che abbiano più sole di noi. Abbiamo tutto e potremmo risparmiare tanto quanto serve per pagare meno le bollette. Ci sarebbe da fare la rivoluzione, davvero”.
Come si possono attrarre gli investimenti?
“Il tema si collega con i fondi europei. Senza vendere tutto ai cinesi o ai giapponesi, con gli investimenti giusti la Sicilia potrebbe decollare. La terra è appetibile, oggi i siciliani si stanno accorgendo di quello che hanno. L’atteggiamento del Nord e della Lega in particolare hanno fatto sì che i siciliani abbiano voglia di un’indipendentismo, anzi di un’autonomia, più forte. Abbiamo tutto! A quest’ora avremmo già chiuso l’anello autostradale siciliano”.
È d’accordo sulla valorizzazione dei talenti locali?
“La meritocrazia non l’abbiamo mai vista qui. Ci vuole però una rivoluzione culturale: la rivoluzione di gennaio ha visto sulle strade tanti giovani, come a Vittoria, che erano felici di far risvegliare le coscienze. Se ci si riuscisse, la meritocrazia sarebbe il passaggio seguente. Tutto passa per una situazione culturale della classe dirigente. È finito il tempo delle raccomandazioni: spero che la Sicilia si faccia guardare come un’isola diversa”.
 

 
Curriculum Mariano Ferro
 
Mariano Ferro nasce ad Avola il 25 ottobre 1958. Ha lavorato per molti anni come imprenditore agricolo, portando avanti un’azienda di 20 ettari con coltivazione di ortaggi primaticci nella zona di Avola. Ha però deciso di chiuderla  due anni e mezzo fa perché, come lui stesso afferma, “è come giocare a bacarà”, il rischio è troppo alto. La sua esperienza politica inizia negli anni novanta: si è iscritto a Forza Italia e nel 2000 è stato anche candidato come sindaco di Avola, arrivando al ballottaggio. Uscito dal partito di Silvio Berlusconi, ha avuto altre esperienze politiche minori, poi nel 2011 ha dato avvio al Movimento dei Forconi, che quest’anno si presenterà alle elezioni politiche come “I Forconi”.