483 imprese campionesse di fatturato

PALERMO – Sembra incredibile in tempo di crisi nera, ma pare che la Sicilia ospiti 483 “campioni nazionali”, ovvero società di capitali con un fatturato superiore a 5 milioni di euro e rating da A1 a A4. È quanto emerge da uno studio effettuato dall’agenzia di rating Crif, su dati aggiornati a marzo 2012 e riferiti a tutte le società di capitali italiane ad eccezione dei settori finanze e pubblico.
In particolare, l’isola si colloca al dodicesimo posto in questa speciale classifica (sul podio Lombardia, Veneto e Emilia Romagna) con quasi 500 imprese “top performer”. In provincia di Palermo sono 108 le attività imprenditoriali ad essere state classificate come eccellenti. Quanto alle altre province siciliane, Agrigento vanta 22 imprese top performer, Catania 120, Caltanisetta 15, Enna 13, Messina 58, Ragusa 51, Siracusa 46 e Trapani 50.
“Se solo ne fossero consapevoli, queste imprese potrebbero qualificarsi agevolmente sui mercati di capitali ma anche di fronte a equities, partner, clienti e fornitori, sia locali che internazionali, a prescindere dal rischio Paese che probabilmente oggi le penalizza”, spiega Francesco Grande di Crif. Una luce in fondo al tunnel, o “i fari del treno che sta per giungere”, sottolineava il ministro Passera qualche settimana fa. Sì perché, come denunciano gli industriali siciliani, a fronte di queste “imprese campioni”, 475 imprese edili hanno dichiarato fallimento. “Stiamo rischiando seriamente l’implosione del sistema produttivo con gravi conseguenze anche sul piano della coesione sociale. Ciò va scongiurato con iniziative concrete sia a livello regionale che soprattutto da parte del Governo nazionale che conosce bene la situazione della Sicilia”, dichiarano tranchant i presidenti di Confindustria ed Ance Sicilia, Antonello Montante e Salvo Ferlito. I vertici degli industriali regionali continuano a puntare il dito contro una Regione inadempiente verso i creditori/fornitori.
 
“Le imprese non possono essere stritolate dalla morsa dei crediti vantati nei confronti della Regione e degli enti locali – aggiunge Montante-. Occorre mettere in atto concreti strumenti ed azioni per consentire alle aziende private che forniscono beni e servizi alla P.A. di pagare correntemente le retribuzioni ai propri dipendenti. Il problema investe molti settori, ma in particolare quello che sta pagando il prezzo maggiore è il settore edile che non riesce a riscuotere la massa di crediti che vanta nei confronti delle più svariate amministrazioni pubbliche per lavori realizzati o in corso d’opera che stanno letteralmente mettendo in ginocchio un intero comparto. Ed a mio avviso se non facciamo ripartire il settore edile che muove un insieme di altri comparti, cemento e manufatti, impiantistica, marmo e piastrelle, acciaio, trasporti, macchine operatrici, sarà difficile far ripartire l’economia”.
I crediti vantati dalle imprese edili superano il miliardo e mezzo di euro, secondo Salvo Ferlito, che ha curato il monitoraggio attraverso le sezioni edili provinciali ed il centro studi nazionale. – “Non riusciamo piu’ a mantenere i livelli occupazionali di quelle aziende che hanno lavori in corso d’opera o consegnati, ma non vengono pagate . Dal 2008 al 1° semestre 2012 il settore ha perso qualcosa come 46.300 occupati (che corrispondono a -30% in termini percentuali) e circa 30.000 nell’indotto, ed ha registrato il fallimento, nello stesso periodo, di 475 imprese”. Se a questi aggiungiamo gli altri 800 milioni vantati dalle società che si occupano di trattamento, raccolta, ingegneria e chimica collegata al ciclo dei rifiuti verso le Ato Spa, saliamo ad oltre quota 2 miliardi. Per tutta risposta Palazzo d’Orleans blocca i pagamenti (200 milioni di euro) alle imprese fino a gennaio prossimo.