ROMA – Almeno una cosa si può dire con certezza delle primarie del Pd: per la prima volta si tratta di una consultazione vera, con i toni dello scontro che si fanno sempre più violenti man mano che si avvicina il fatidico 25 novembre. Un banco di prova per la nostra democrazia che però non nasconde insidie per i pionieri del sistema americano. A fronte di un presente infuocato, infatti, l’alba del giorno dopo potrebbe palesare uno scenario addirittura più drammatico, con un centrosinistra costretto a ricomporre le macerie di mesi e mesi di puro veleno.
Intanto nessuno si preoccupa di non gettare benzina sul fuoco. Anzi. Nei giorni scorsi la cena di Matteo Renzi con un gruppo di banchieri e personaggi di spicco dell’alta finanza ha fatto emergere tutte le contraddizioni di uno schieramento che dal sindaco di Firenze arriva fino a Nichi Vendola. Stando alle notizie circolate, artefice dell’incontro è stato Davide Serra, noto finanziere con una società di stanza alle Cayman, la Algebris. Un assist per Bersani che, dopo aver diviso la finanza in buoni e cattivi, ha dichiarato “Io credo che qualcuno che ha base alle Cayman non dovrebbe permettersi di dare consigli”. Un messaggio cifrato a Renzi che ha fatto sobbalzare dalle sedie i sostenitori della sinistra-sinistra che di banche e finanzieri proprio non ne vuole sapere. È chiaro però che a questo punto in gioco non c’è solo un leader, ma anche due diversi modi di concepire il partito. Tanto che dall’esito di queste primarie, a meno di scissioni, si capirà in che direzione vanno i progressisti.
Renzi si dice fiducioso sul futuro: “Il mio Pd arriva al 40 per cento, il loro al 25 per cento. La sinistra che vogliamo noi è quella del coraggio, che decide, che ascolta e concerta tutto, soprattutto l’ora di decidere. Se perdo le primarie – aggiunge il primo cittadino di Firenze – non farò né il ministro né il sottosegretario, né il parlamentare. Rimango dove sono”.
Ma naturalmente il rottamatore non poteva esimersi dal criticare il regolamento restrittivo approvato dal direzione del suo partito fuori tempo massimo. “Chi vuole governare il Paese deve avere il coraggio di mettere tutto ciò che può sul tavolo, non può aver paura del voto dei 17enni o del voto libero degli italiani modificando delle regole che erano sempre state le stesse. Un atto, caro segretario, che non fa male a noi, ma a te perché cambiando le regole hai messo le condizioni di poter dire che queste primarie sono ispirate dalla vostra paura, non dal nostro coraggio”. E sì perché Bersani, dall’alto del suo segretariato, ha impedito che agli elettori di destra venisse, vedi mai, il ghiribizzo di sostenere il giovanotto fiorentino.
Ma sono così restrittive queste regole? Sicuramente si tratta di una modifica, in corsa e in tempi ormai sospetti, di quelle norme con le quali si sono svolte le precedenti primarie. Ma allora si trattava di una farsa, con Walter Veltroni divenuto Papa prima ancora del Concilio. Adesso, invece, la posta in gioco è parecchio più alta.
Primarie a doppio turno
“Per esercitare il diritto di voto l’elettore (con 18 anni compiuti entro il 25 novembre) deve sottoscrivere il pubblico Appello di sostegno alla Coalizione di centro sinistra ‘Italia Bene Comune’ e quindi iscriversi all’Albo delle elettrici e degli elettori, a partire dal ventunesimo giorno precedente il terzo giorno delle elezioni – ossia dal 4 al 25 novembre 2012 – nelle sedi stabilite dal Coordinamento provinciale, versando a copertura delle spese organizzative un contributo di almeno due euro”. Per votare alle primarie, dunque, bisognerà registrarsi in un luogo diverso dal seggio. Chi vuole votare al secondo turno (che si terrà eventualmente il 2 dicembre) ma non si è registrato entro il primo turno non potrà registrarsi il giorno del voto e avrà solo due giorni per farlo, dei sette teoricamente a disposizione tra primo e secondo turno. Non si tratta di ostacoli insormontabili, ma è certo è che cambiare le regole a un mese dalle elezioni ci allontana dall’America e ci fa ripiombare nella solita realtà italiana.