In che modo, dialogherà con la macchina burocratica siciliana in caso di elezione a Presidente della Regione Sicilia?
“Nella Regione siciliana esistono tante risorse da utilizzare, ma il problema è che negli ultimi anni non sono stati adoperati criteri di meritocrazia vera. Perciò, è necessario riprendere questa direzione con bandi di evidenza pubblica, dove la politica fa le scelte e la dirigenza della regione deve avere la sua autonomia per ottimizzare la macchina amministrativa. Negli ultimi 12 anni, il processo poteva andare in questa direzione, anche alla luce di norme innovative che pure ci sono state. Tuttavia, la scelta politica è stata quella di moltiplicare le dirigenze, non per far funzionare meglio la macchina pubblica, ma per accontentare le clientele. Si è creato un sistema di procedure e autorizzazioni che non è mai stato velocizzato, perché era diventato la rete in cui imbrigliare lo sviluppo e i fondi europei. Come sindacalista, ho conosciuto la macchina burocratica siciliana, poiché nel 1989 sono stata eletta consigliere di parità. Perciò, ho visto da un lato le competenze per velocizzare il percorso amministrativo o per scegliere il modo di complicarlo. Il nostro programma punta a tornare a un numero di direttori regionali che abbiano i poteri per riavviare il processo di semplificazione legislativo”.
La legge 10/2000 ha dato questo potere al burocrate, mentre prima il politico lo esercitava insieme alla responsabilità. Poi, il politico ha consegnato tale potere al burocrate, ritenendosi indenne da qualsiasi responsabilità.
“Il punto è che il politico ha sempre operato cambiando i dirigenti ogni volta che fosse possibile, ma rendendo isterica la macchina burocratica. Un patrimonio artistico e culturale come il nostro, che costituisce una delle risorse più importanti che abbiamo in Sicilia, non può subire ogni anno il cambio di direttori dei musei, dirigenti e sovrintendenti. Questo sistema destabilizza il processo di semplificazione. Il vero problema è di fornire sì un’autonomia, ma anche un riconoscimento professionale. Il nostro modello deve assomigliare a quello amministrativo francese, dove il politico decide l’indirizzo e il burocrate esegue, avendo la responsabilità. La legge 10 non ha indicato le sanzioni ed esiste una macchina burocratica che programma, esegue e valuta, ma quest’ultimo aspetto non è più applicabile. Occorre cambiare dando a ciascuno una funzione, evitando conflittualità”.
Lei è d’accordo con lo spoil system americano? In questo momento, ad esempio, i dirigenti stanno decidendo la programmazione della spesa europea, ma il loro cambiamento porterebbe a un disastro.
“Sono assolutamente contraria allo spoil system, e il problema vero è tornare a valorizzare le competenze a disposizione. Sono favorevole a tagliare tutti i consulenti, eccetto che in quei casi come i disastri ambientali. Per questo, è necessario avere un fondo di riserva per attivare una consulenza straordinaria. Bisogna, però, valorizzare anzitutto le risorse a disposizione e ciò vale per i megadirigenti e per tutta la macchina burocratica. Inoltre, i fondi europei devono essere decentrati al territorio sotto una cabina di regia. Del resto, per convincere le imprese a investire sul territorio stesso, si deve ottimizzare la burocrazia poiché occorrono servizi di qualità come autorizzazioni più veloci. Se si reintroducono i criteri del merito al posto di quelli politici, i dirigenti saranno migliori e faranno da stimolo ad altri per migliorare”.
Quali sono le azioni che potrebbero fare riprendere il tessuto socio-economico della Sicilia?
“Il primo provvedimento è di liberare tutte le risorse correnti che sono state utilizzate per sprechi e sperperi. Poi, occorre usare tali risorse per l’innovazione e lo sviluppo legato al territorio e alle sue filiere come dimostra l’esempio S.T Microelettronics dell’Etnavalley. Non aver puntato su quel modello fatto dalla sinergia tra università, imprese e territorio, è stata un’occasione mancata. Occorre usare la spese verso le vocazioni produttive del territorio e della sua cura, intervenendo sul dissesto idrogeologico. Tuttavia, non si deve permettere a imprese straniere di dirci come gestire il nostro territorio, ma devono essere le nostre università a farlo. Inoltre, devono essere i nostri giovani a creare imprese, con l’aiuto di linee di microcredito come in Puglia. Occorre poi abbattere i costi dell’energia come il metano e tutti i bandi, a evidenza pubblica, devono essere fatti in modo da impedire che le imprese che vengono in Sicilia, si prendano i fondi pubblici senza far nulla”.
Come intende procedere per risolvere la questione dei precari?
“Vanno intrapresi dei percorsi di stabilizzazione seria. Le condizioni economiche ci impediscono di stabilizzare tutta questa massa di persone, ma occorre definire un percorso e un piano di diritto”.
Operazione trasparenza per le entrate regionali
Lei ha rilasciato delle dichiarazioni, dove esprime l’intenzione di intervenire sulla legge 44 del 1965 che equipara l’Ars regionale al Senato della Repubblica.
“Questa legge è già stata derogata. I concorsi per i dipendenti all’Ars sono omologati alla legge 44, per cui se occorre fare un bando di concorso come coordinatore delle commissioni assembleari, è necessario seguire la procedura del senato. Questo prevede che i giovani abbiano dei requisiti rigorosi come la laurea con votazione da 110 e lode. È accaduto che durante il Governo Cuffaro, il testo di un bando sia stato rivisitato subito dopo le elezioni di allora e il voto di laurea abbattuto per coordinatore a 107/110. Perciò, si può intervenire sulle leggi”.
Uno dei punti delle domande che il giornale sottopone ai candidati, è di rimettere i conti in ordine con un piano aziendale come nelle imprese private. È d’accordo?
“Conoscendo la struttura del bilancio regionale con tutte le voci false presenti, l’impegno è di mettere in chiaro tutte le entrate, facendo un’operazione di verità. Esistono delle voci in bilancio che riportano il patrimonio regionale che può essere messo in vendita, quando ancora non lo è. Tenere ancora un bilancio virtuale non è più possibile, perciò è meglio fare operazioni di trasparenza che diano responsabilità agli amministratori. Il Governo Lombardo è stato chiuso nei suoi interessi e ora gli rimbalzano tutti gli episodi di corruzione”.
In una delle sue dichiarazioni, proponeva che gli stipendi dei parlamentari non superassero i 5 mila euro. È favorevole all’abolizione della legge 44 del 1965?
“No, non ho dato delle cifre, però sono d’accordo ad abrogare la legge 44 del 1965 che equipara l’Ars al Senato”.
Rinegoziare i tagli e dare credibilità alla politica
Riguardo alla riforma della burocrazia e a rendere i Palazzi istituzionali pienamente trasparenti, che cosa può dire ai lettori?
“Per quanto riguarda la riforma della burocrazia, sono assolutamente d’accordo, mentre per rendere i palazzi Istituzionali pienamente trasparenti, il mio movimento ha aderito al codice di Pisa. Questo prevede, nel nostro caso, che i nostri deputati regionali e i nostri amministratori devono avere tutta la rendicontazione con bilanci certificati secondo il codice etico anticorruzione”.
Secondo lei, esiste la possibilità che mettendo in chiaro le voci sospette, il Governo tratti la Regione Sicilia come un capro espiatorio?
“In questa fase, occorrerà rinegoziare i tagli che sono stati pesanti e che penalizzano una realtà come la nostra che non può vedersi sottratta improvvisamente le risorse. Personalmente, credo in una democrazia partecipativa, per cui si può chiamare la gente e dare certezze sulle scelte, investendo in un’ipotesi di sviluppo, ma anche di qualificazione. Si può chiedere una tassa di scopo, ma solo se esiste un’amministrazione trasparente che mostra l’azione di risanamento, altrimenti non si acquista credibilità. È necessario per restituire attendibilità alla politica che questa sia fatta di persone normali in grado di identificarsi con la realtà della regione. Palazzo d’Ercole è stato lontano dai bisogni dei siciliani e delle siciliane. La Sicilia ha pagato per prima la crisi, per cui si ha un’emergenza sociale cui il Governo Lombardo non ha mai dato una risposta. Non a caso, camminando per le strade e incontrando la gente, ho percepito una violenta avversione e tanti non vogliono andare a votare, ritenendo che sia l’unico modo per protestare”.
Curriculum Giovanna Marano
Giovanna Marano, nata ad Acireale 53 anni fa, inizia a lavorare da infermiera professionale nel 1983 all’ospedale Cervello di Palermo. Dal 1990 diventa sindacalista e per anni si occupa di sanità e di funzione pubblica. Dal 1999 si occupa di politiche contrattuali e d’industria. Nel 2003, diventa segretaria generale della FIOM siciliana. È eletta il 7 luglio 2012 presidente del comitato centrale della Fiom nazionale. Nel Settembre del 2012 sostituisce Fava, portando avanti il progetto politico di Libera Sicilia alle elezioni regionali 2012.