Nello Musumeci, che sarebbe un ottimo presidente, non avrà una sua maggioranza. Contrattare i provvedimenti legislativi con ciascuno dei 46 deputati necessari ad approvarli sarà una scalata di sesto grado e quindi quasi impossibile da realizzare.
Gaspare Sturzo, che non proviene dalle fila dei politici, non avrebbe la maggioranza se fosse eletto. Stesso discorso per gli altri candidati. Perché nessuno di essi avrà la maggioranza all’Assemblea regionale? Perché non è riuscito a fare convergere sul proprio progetto i possibili candidati eletti che arriveranno in ordine sparso all’Assemblea regionale. Ognuno di essi avrà un proprio orticello da coltivare e non sarà disposto, salvo che in pochi casi, a cedere rispetto all’interesse generale.
Dallo scenario che vi descriviamo, difficilmente confutabile, emerge una necessità, quella di non confondere gli elettori disinteressati con quelli interessati ad ottenere un favore di qualunque tipo e solo per questa ragione vanno a votare. Occorre una chiarissima demarcazione fra chi vota in un ambiente clientelare e chi non vuole contaminarsi con tale ambiente.
Non votarli per non legittimarli. Auspichiamo che i bravi deputati che verranno eletti in ogni caso, parlino con forza e chiarezza di toni a tutti i siciliani quando verrà loro impedito di approvare leggi di riforma radicali a cominciare dall’abrogazione di quella che equipara l’Ars al Senato (L.r. 44/65) e dell’altra che ha costituito le Province regionali (L.r. 9/86) in contrasto con l’articolo 15 dello Statuto (consorzi di Comuni).
I bravi deputati dovranno tentare di fare approvare la legge che elimini i privilegi dei dipendenti e dei pensionati regionali, che percepiscono un terzo in più dei loro colleghi statali e comunali, e la legge che dimezzi il compenso di presidente, assessori, deputati e dipendenti dell’Ars.
Tutto ciò non potranno farlo ma è, per contro, assolutamente necessario. ecco perchè dovranno essere i primi, codesti bravi deputati a contribuire alla fine di questa legislatura. Essi dovranno cercare di salvarsi dal rogo nel quale finiranno quelli abituati alla cultura del favore.