Con la mondializzazione e l’aumentata competitività, il mercato si è evoluto ed ha aumentato fortemente la competitività dei diversi fattori, fra cui il capitale e il lavoro. Nuove professioni e nuove invenzioni: interi settori si sono aperti, come per esempio internet, che ha già fatto nascere in Italia oltre 700 mila lavori, non posti di lavoro.
Proprio all’interno di questo comparto, il lavoro di iniziativa, l’invenzione e l’entusiasmo hanno prodotto un vorticoso avvio di attività che non cessa.
Per contro, interi settori manifatturieri, come quello dell’auto, sono andati in profonda crisi anche per colpa della recessione. Vedi caso, però, a fronte di un regresso della Fiat di oltre un terzo di auto vendute, la Volkswagen è in pareggio.
In questo scenario, il nostro Paese sconta ritardi e mancate riforme nel versante della ricerca e della formazione, che hanno azzerato la sua competitività. Una scuola inutile, ove due terzi dei docenti sono raccogliticci ed entrati senza concorso, non selezionati e non preparati, continuano a far crescere una generazione di ignoranti. Peggio ha fatto l’università, con il familismo, il clientelismo, la cupidigia e l’ingordigia di molti vertici che hanno pensato più a se stessi che agli allievi.
Ma i soldi sono finiti, non ci sono più risorse per tanto becerume, gli apparati vanno tagliati senza pietà, mentre vanno potenziati i servizi, rinforzandoli con professionisti di qualità, preparati e meritevoli.
Il moderno lavoro è multifunzione, cioè ognuno deve saper fare tante cose e saperle fare bene. Non solo, ma deve essere capace di integrarsi e interfacciarsi con tutte le attività di cui è circondato. Chi pensa di poter fare nello stesso modo lo stesso lavoro per tutta la vita, è fuori dal tempo e prima o dopo sarà penalizzato con l’espulsione dal lavoro.
Basta difendere i posti di lavoro! Spingiamo i giovani, le donne e i cinquantenni a cambiare la propria professionalità adeguandola alle richieste del mercato. Nonostante tutto, in Italia, vi sono centinaia di migliaia di posti scoperti e di richieste di personale qualificato che i disoccupati non sono in condizione di soddisfare.
Dispiace che questa verità sacrosanta non venga detta dai rappresentanti del ceto politico, che preferiscono rifugiarsi in quei luoghi comuni che ci hanno portato al baratro.
Ora occorre risorgere.