Cittadini vittime di corruzione e catastrofismo

La corruzione dilaga, o meglio emerge. Forse è più grave di quella che si era diffusa fino al 1992 quando, il sette febbraio, quel mariuolo di Mario Chiesa fu colto con le mani nel sacco, ovvero, con una mazzetta di sette milioni.
I Consigli regionali di Lombardia e Lazio sono stati devastati dalla corruzione partitocratica, corruzione nella cricca della Protezione Civile, corruzione della Regione Piemonte, corruzione della Regione Puglia, corruzione della Regione Campania,  corruzione degli Enti locali e via enumerando, senza alcun limite.
Non si sa quale parte della Pubblica Amministrazione non sia corrotta, dal momento che quasi tutto funziona col metodo del favore, che è una componente della corruzione.
Il dilemma è se la Pubblica Amministrazione abbia infettato il ceto politico, ovvero il ceto politico abbia infettato la Pubblica Amministrazione. Il dato obiettivo è che entrambi i ceti sono andati a braccetto a rapinare la Cosa pubblica e, quindi, tutti i cittadini.

Di fronte a questo scempio si è alzata una flebile voce della Chiesa di Roma, uno Stato straniero nel nostro territorio. Non c’è stato un richiamo ai valori da parte della classe dirigente italiana, silenzio da parte dei Club Service, che hanno come scopo primario la partecipazione attiva al buon andamento delle Istituzioni. Essi dovrebbero avere come loro attività primaria il richiamo ai principi etici e ai valori morali immortali.
Si può affermare, dunque, che la classe dirigente è complice, attiva o passiva, di questa corruzione. Una rondine non fa primavera, poche voci che si levano contro questo stato di cose non costituiscono massa critica, per lottare la corruzione a fondo, come si dovrebbe fare tutti i giorni.
Un’azione primaria per moralizzare la Cosa Pubblica sarebbe compito di giornali e televisioni, ma la loro azione normalmente è blanda, se non assente. Non si ascoltano con adeguato approfondimento le grida di dolore che provengono da ogni parte dal territorio. Non si ascoltano e non si approfondiscono le giuste proteste (isolando quelle stupide e inutili) contro chi non fa il proprio dovere, ma continua a percepire regolarmente stipendi, indennità, emolumenti ed altri ammennicoli che li arricchiscono indebitamente.

 
Il catastrofismo è un altra forma che deprime gli italiani. è inutile il  pessimismo irresponsabile dell’informazione, che pur di tentare la sorpresa e di primeggiare, amplifica gli eventi nel male. Insomma, giornali e televisioni, fanno vedere il bicchiere mezzo vuoto, mai quello mezzo pieno.
Questo comportamento è basato anche su alcune falsità. Per esempio, la crisi (che c’é) non ha per nulla sfiorato pubblici dipendenti e pensionati, i quali hanno continuato a percepire il loro assegno mensile, rilevante o modesto. Se un pensionato fatica ad arrivare alla fine del mese con sei o settecento euro, non è colpa della crisi, ma colpa sua, che non ha accumulato nel tempo i necessari contributi per produrre una adeguata pensione. Ferma restando la comprensione umana che quando si vive sulla soglia della povertà, è difficile andare avanti.
Tutti i dipendenti privati, con contratto a tempo determinato o indeterminato hanno continuato a percepire gli stessi emolumenti, salvo quelli andati in cassa integrazione.

La crisi ha colpito, invece i micro imprenditori, le piccole e medie imprese, gli artigiani, i professionisti e tutti coloro che non sono stipendiati. Chi ha un lavoro autonomo può giustamente reclamare per la cattiva gestione dei responsabili delle Istituzioni, i quali, anche loro privilegiati, hanno continuato a percepire quel coacervo di indennità senza perdere un euro. Altro che crisi!
Il catastrofismo deprime gli italiani che invece hanno bisogno di inieizioni di fiducia. I consumi sono leggermente diminuiti, ma ci sono, il risparmio del Paese è costante, anche se le imposte gravosissime, che ci ha caricato il Governo Monti, l’hanno un poco intaccato. Quello che manca è la fiducia; la fiducia nel futuro, la fiducia nelle nostre capacità, come Paese, di riprenderci e di ricominciare lentamente la risalita verso lo sviluppo.
Per fare questo ci vogliono statisti che pensino al dopodomani e non all’oggi. Dove sono? Battano un colpo!