Le otto regioni del Sud (Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sardegna, Sicilia e Sud Lazio) sono cresciute a macchia di leopardo, ma complessivamente restano molto indietro rispetto alle nove regioni del Nord (Piemonte, Lombardia, Veneto, Trentino Alto Adige, Valle d’Aosta, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Friuli Venezia Giulia) le quali possiedono infrastrutture doppie rispetto a quelle delle prime.
Il loro apparato produttivo è avanzato, l’agricoltura conta diffuse eccellenze, l’artigianato è associato, le piccole e medie imprese sono moltissime ed in parte riunite in cooperative. I servizi tecnologici sono elevati e così il tasso di ricerca. L’opposto si trova nelle citate regioni meridionali. Il Mezzogiorno è territorio suscettibile di molta crescita in questo periodo di crisi e può trainarsi tutto il Paese perché, quando le popolazioni del Sud stanno meglio, spendono e investono di più, sostenendo in tal modo non solo il proprio apparato produttivo, ma anche quello del Nord.
Occorre che esse diventino virtuose. Qual è la chiave operativa? La prima è mettere i conti in ordine tagliando la spesa pubblica improduttiva, le assunzioni clientelari, la cultura del favore e inserendo i valori di merito e responsabilità.
Le regioni meridionali si devono preoccupare di trovare all’interno dei propri bilanci le risorse necessarie per fare investimenti in infrastrutture e sostenere le imprese, in modo da creare lavoro (non posti di lavoro).
Le Regioni create con la legge n. 108/68 e 281/70 dovevano costituire un potenziamento dei territori perché più vicine ad essi. Si è verificato il contrario: sono diventate centri di spesa e non di sviluppo. Affamati politicanti hanno succhiato il sangue alle popolazioni meridionali mantenendole in uno stato di sottosviluppo, per alimentare il becero scambio tra voto e bisogno. Persone squallide che hanno continuato a cercare il consenso in talmodo per incrementare i propri affari privati infischiandosene dell’interesse generale.
La crisi del 2008 ha evidenziato, più che provocato, queste anomalie economiche e sociali. È bene che si sia verificato, diversamente esse sarebbero rimaste nascoste dalla coperta dell’ipocrisia e della falsità diffusa di un ceto politico corrotto e incapace.
Una triste fotografia che sfidiamo chiunque a contestare.
Tagliare la spesa improduttiva e riorganizzare la macchina burocratica delle regioni meridionali non significa per nulla fare macelleria sociale, anzi il contrario. Infatti, è noto che quando migliora l’efficienza, quando si emarginano i favoritismi, quando si mettono i dirigenti ad alta professionalità nei posti di comando, quando si risparmia fino all’ultimo euro comprando al meglio beni e servizi, i cittadini ne hanno benefici sensibili che constatano concretamente.
Nel mondo, vi sono modelli organizzativi che funzionano benissimo, per esempio quelli Nord europei. Ma anche in Usa e in Giappone i servizi pubblici funzionano molto bene, per non parlare, in casa nostra, di Germania e Francia, dove la pubblica amministrazione è veramente al servizio dei cittadini.
Anziché baloccarsi con inutili parole e con un’inazione deleteria che non produce alcun risultato, i dirigenti pubblici delle regioni meridionali dovrebbero copiare modelli organizzativi che funzionano molto bene e riprodurli con gli opportuni adattamenti ai propri dipartimenti. Non vediamo per la verità tanti dirigenti disposti ad impegnarsi a fondo per fare funzionare i settori loro affidati, non solo non hanno voglia di riorganizzare e far funzionare i servizi. Non sono neanche capaci di copiare i modelli esistenti.
È questo il guaio delle regioni meridionali: trovarsi una classe dirigente burocratica pronta ad ubbidire agli ordini di un ceto politico che ha fatto della raccomandazione e dell’interesse privato la propria linea guida.
Comprendiamo che ogni dirigente tiene famiglia e ha difficoltà ad opporsi alle raccomandazioni e ai favoritismi chiesti dai politicanti da strapazzo, però, come accade in Francia, la burocrazia dovrebbe avere una propria dignità e non essere disposta a fare qualunque cosa, come le prostitute, ma ad adempiere il proprio dovere che è il servizio dello Stato, delle Regioni e dei Comuni. I burocrati non sono una categoria e quindi non si deve sparare nel gruppo. Fra essi ve ne sono tantissimi capaci, probi e onesti. Occorre che levino la voce contro i loro colleghi incapaci e disonesti. Ogni insieme di persone deve generare gli anticorpi, oppure è perduto.