Questo fenomeno è stato denominato socialismo comunale. Anche se, per la verità, ne hanno abusato anche le Regioni e le morenti Province per gli stessi scopi non nobili che abbiamo individuato prima.
La Santa crisi ha messo a nudo questi comportamenti scorretti. Tuttavia, le lobby locali hanno impedito al Governo Monti di procedere al taglio definitivo di tali società, per mantenere inalterato il clientelismo e il favoritismo imperante.
Il lupo perde il pelo ma non il vizio. I politicanti non dismettono la veste di soggetti di bassa lega e continuano a fare quello che facevano prima come se nulla fosse. Perché chi non ha avuto a cuore le sorti della Comunità e ha fondato le sue fortune sulla cultura del favore non può ribaltare i suoi comportamenti, che rimangono quelli di screanzati.
Cosicché si rende necessaria e indifferibile la liquidazione di questi inutili Enti e il ritorno dei servizi a Dipartimenti interni dei Comuni che, di massima, hanno tanto esubero di personale con il quale possono fare ampiamente fronte a nuove funzioni. Va da sé che i dipendenti di tali società, formalmente di diritto privato, possano essere regolarmente licenziati in base ai contratti collettivi di lavoro.
Il guaio dell’Italia, almeno dal 1980 in avanti, è stata la diffusione del clientelismo che, aggiunto alla corruzione, all’evasione fiscale e all’infiltrazione della criminalità organizzata, costituisce un enorme macigno del quale ci dobbiamo liberare.
Bisogna ripristinare la moralità sociale e civica, secondo la quale i servitori di Stato, Regioni e Comuni abbiano bene a mente che sono pagati dai cittadini mediante le tasse che faticosamente esborsano ogni anno.
Occorrono veri servitori e non più malnati servetti di questo o quel potentato. Bisogna smantellare la corporazione dei pubblici dipendenti e dei sindacati che li rappresentano per continuare a preservare se stessi, ponendo il proprio interesse al di sopra di quello dei cittadini. Se così continuasse, significherebbe che il datore di lavoro (cittadini) sarebbe subordinato ai propri dipendenti (pubblici).
Le prossime elezioni dovranno eleggere una classe dirigente che, ci auguriamo, sia dotata di maggiore moralità di quella uscente, che riformi profondamente la Pubblica amministrazione e i suoi 3,3 milioni di dipendenti, per attuare il principio generale che prima vengono i cittadini e dopo politici e burocrati.