Rifiuti, vincono sempre le discariche

PALERMO – L’attuale stato di sfascio in cui è adagiato il sistema di raccolta dei rifiuti in Sicilia deriva da una serie di concause. Da una parte l’interesse della criminalità organizzata, ampiamente documentato dalla Corte dei Conti e dalla Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, e dall’altra un sistema politico che nei rifiuti ha sguazzato come luogo ideale dove procurare clientele, fatto confermato dall’ultima operazione della Dia di Catania che ha portato all’arresto di 27 persone.
 
Tutto, però, resta appeso alla realtà delle discariche, dove si continua a smaltire oltre il 90% dei rifiuti urbani prodotti annualmente. Un processo ulteriormente ambiguo perché i rifiuti continuano ad essere versati allo stesso modo, ma di discariche negli ultimi dieci anni ne sono state tagliate ben 76, lasciando che poche realtà si contendano circa 2,6 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno con un costo di conferimento che varia da 70 a 150 euro a tonnellata.
La Sicilia preferisce le discariche, se possibile poche e ricche. L’ultimo report Arpa sui dati ambientali, pubblicato alla fine dell’anno, riporta che in Sicilia sono state operative 17 discariche per rifiuti non pericolosi secondo fonte Ispra. Il dato più interessante riguarda la progressiva diminuzione del numero delle discariche, così come prevedono le indicazioni comunitarie, a fronte di un parallelo mantenimento, se non aumento, del conferimento di rifiuti in discarica. “A chiudere – si legge sul report – sono state soprattutto le discariche di piccole dimensioni a vantaggio di grandi impianti a servizio di aree geografiche più estese”.
 
Secondo quanto riporta lo studio dell’Agenzia, su dati dell’Ispra, “le discariche di maggiori dimensioni sono spesso dotate di sistemi di pretrattamento dei rifiuti in entrata e si configurano sempre di più come strutture complesse dotate di impianti di recupero energetico del biogas e di trattamento del percolato prodotto”. Si tratta, tuttavia, di risultati ancora minimi così come dimostrato i dati del Gse (Gestore dei servizi energetici) che danno la produzione di biogas siciliana a 89,8 Gwh. Complessivamente in Sicilia ci sono 11 impianti bioenergetici (11,3% del totale del Mezzogiorno) e 42,2 Mw di potenza installata che ha un peso parti al 5,6% del mezzogiorno e all’1,8% dell’Italia. E non si tratta solamente di impianti che utilizzano i rifiuti, ma anche gli scarti dell’agricoltura.
La triste realtà isolana dice che i rifiuti urbani smaltiti in discarica ammontano a circa a circa 2,6 milioni di tonnellate, la stessa quantità rispetto al 2004 quando il numero delle discariche in esercizio erano 93, mentre oggi sono 17. Il confronto con il resto del Paese è impietoso: a livello nazionale, nel 2010, sono stati avviati in discarica circa il 46% dei rifiuti urbani prodotti con una riduzione di 2 punti percentuali rispetto al 2009. Una situazione che contribuisce a determinare uno stato emergenziale che continua ormai da dodici anni in quanto si ripete “il conferimento in discarica, – si legge sul report – senza alcun significativo processo di recupero e di minimizzazione del rischio di inquinamento”. Secondo l’Arpa il 93% dei rifiuti prodotti è stato smaltito in discarica e solo il 28% è stato sottoposto a trattamento preliminare. All’incenerimento e/o al recupero va pochissima roba “registrando un grave ritardo rispetto ai maggiori paesi europei”.