STRASBURGO (Francia) – Si dice che ormai "Made in China" siano le tre parole più comuni nel mondo. Eppure, a livello europeo ancora non c’è una direttiva che obblighi i produttori di Paesi terzi (non solo asiatici, ma anche americani o africani) a inserire sui prodotti importati la provenienza. È per questo che la seduta plenaria del Parlamento europeo, riunita a Strasburgo, ha votato nei giorni scorsi una risoluzione affinché la Commissione elabori nuovamente un regolamento sul "made in", dopo aver ritirato quello approvato nel 2010.
"Il mercato globalizzato – ha dichiarato durante il dibattito Cristiana Muscardini, eurodeputata dei conservatori europei – porta sviluppo solo se le regole sono comuni e condivise". Brasile, Cina e Usa, ad esempio, impongono che i prodotti importati abbiano sempre l’indicazione della provenienza. Perché nell’UE non è così? "L’Europa non può dirsi giusta verso i propri cittadini se non è capace di difenderne i diritti approvando le stesse norme o chiedendone l’abrogazione nei paesi competitori", ha concluso la Muscardini.
Gli eurodeputati chiedono quindi alla Commissione europea di obbligare i Paesi terzi a segnalare dove sono stati prodotti abiti, scarpe e gioielli, ad esempio, e individuare anche altre soluzioni per garantire "condizioni di parità tra le imprese dell’UE e i loro concorrenti dei paesi terzi" e la tutela dei consumatori.
Nella risoluzione non legislativa approvata in settimana, si sottolinea anche che solo un’etichettatura con l’indicazione del paese d’origine di un prodotto può garantire una scelta informata da parte dei consumatori e che nell’UE non si applicano norme comuni sull’attestazione di origine delle merci importate, ad eccezione di determinati casi nel settore agricolo, e che Paesi quali Brasile, Canada, Cina e Stati Uniti già impongono tale obbligo su alcuni prodotti.
Il problema è legato alla decisione del gruppo di esperti dell’Organizzazione mondiale del commercio su un difficile caso sulla carne di manzo e di maiale, che ha modificato la giurisprudenza dell’Omc e ha reso la proposta iniziale di regolamento sul "Made In" varato dalla Commissione incompatibile con le regole mondiali. In Italia il dibattito sulla provenienza si è acceso nello gennaio 2011 solo per quanto riguarda i prodotti alimentari, con una legge che imponeva l’etichettatura obbligatoria approvata in Italia ma subito bocciata dai commissari europei John Dalli e Dacian Cioloş.