È l’export siciliano che tiene a galla l’agonizzante economia del Sud

CATANIA – L’immagine di un’Italia divisa in due è ormai stereotipata nell’immaginario collettivo. Ma quando si parla di export, dati alla mano, i ruoli sembrano ribaltarsi e, il sempre denigrato Mezzogiorno, diventa il cavallo di razza del Paese. Una conferma che arriva da più voci, tra cui il rapporto 2011 della Banca d’Italia, e il Rapporto Ice.
 
Guardando in particolare alla realtà nostrana, secondo quest’ultimo, nel 2011, l’export siciliano ha registrato un +15,5%. Anche i dati Istat, a dicembre 2012, si situavano sulla stessa lunghezza d’onda, con una Sicilia che, con +16,8% si situava, nel terzo trimestre dell’anno, tra le Regioni che avevano maggiormente contribuito alla crescita dell’export del Paese nei primi nove mesi dell’anno appena conclusosi.
Ma il verbo “sembrare” è in tal caso d’obbligo. Sebbene la buona salute dell’export della Sicilia sia reale, si tratta in realtà di una macchina di cui a funzionare sono solo pochi ingranaggi. La lettura dei dati Istat, relativi all’export nel terzo trimestre 2012 rivela infatti una situazione in cui, con il 32,7% l’esportazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (a fronte di una media nazionale del 5,3%), traina l’export siciliano camuffando una ben diversa realtà in cui, per bene 9 categorie di prodotti delle attività manifatturiere sulle 11 totali prese in analisi i dati si situano al di sotto della media nazionale. Ciò è vero in particolare nel settore dei prodotti tessili, abbigliamento, pelli e accessori (con uno scarto rispetto al nazionale del 5,3%). Settori notoriamente in positivo si confermano invece l’export di prodotti alimentari, bevande e tabacco (8,7% a fronte del 6,5% nazionale) e quello degli autoveicoli (7,5% contro la media del 3,5% nazionale).
A puntare gli occhi sul Mezzogiorno e le sue capacità d’esportazione è, non ultima, la ricerca del Centro Studi e ricerche per il Mezzogiorno (Srm), presentata nel corso di un seminario di Confindustria tenutosi a Roma lo scorso 17 gennaio. Tale rapporto quantifica in 359.470 milioni di euro il peso dell’economia del Mezzogiorno, seconda in Europa, solo all’area bavarese . Le tre “A”: Automotive, Aeronautico e Agroalimentare si confermano i settori di punta di un Sud in cui le esportazioni crescono in percentuale maggiore rispetto al resto d’Italia. Se tra il 2007 e il 2011 le esportazioni del Sud Italia hanno registrato un +2,2% contro l’1,1% medio nazionale, si stima che tale divario sarà riconfermato nel quadriennio in corso 2012-2015 (+3,9 nel Mezzogiorno; +3,7% media nazionale).
Convinzione di base del rapporto è che l’export del mezzogiorno debba continuare a puntare sugli scambi con la cosiddetta area “Med”: i Paesi delle sponde Sud del Mediterraneo. I fondi strutturali sono in tal senso decisivi, sempre più sostitutivi delle risorse pubbliche, tanto che si stima che nel 2015 le risorse comunitarie copriranno il 51,9% del totale della spesa in conto capitale. Secondo il centro studi occorre dirottare verso le infrastrutture necessarie al Sud l’utilizzo di tali fondi. Porti e logistica, ferrovie, energia, ITC e banda larga le priorità, dunque, per consentire al mezzogiorno di mantenere tale ruolo cardine nel settore delle esportazioni.