Sviluppo urbano sostenibile per costruire

PALERMO – I crolli di Palermo del mese scorso hanno riannodato alla realtà più stringente i fili del percorso “Progetto Campus Urbano. Le case eco-intelligenti” dell’Università di Palermo. Questo progetto, attraverso programmi di monitoraggio, consolidamento antisismico e azioni di riqualificazione urbana ed energetica, punta al duplice obiettivo di ammodernare il patrimonio edilizio urbano e di consolidare le abitazioni siciliane.
Ci sono diversi elementi da cui cominciare un ragionamento sullo stato del patrimonio abitativo in Sicilia. Nell’Isola esistono circa 2,5 milioni di abitazioni nelle aree di rischio più elevato e di questi gli edifici ricadenti in queste aree sono quasi 1,5 milioni, di cui oltre 1,2 milioni ad uso prevalentemente residenziale a cui vanno aggiunti gli edifici ad uso commerciale che, nelle aree di rischio, sono quasi 15 mila.
In generale, secondo l’ultimo censimento Istat risalente all’inizio del duemila, ci sono 806 mila edifici antecedenti al 1972, cioè molto prima della redazione della normativa antisismica. Non bastasse solo il rischio sismico sull’Isola pende la scure dell’implosione. “Le case siciliane – ha spiegato al Qds Nino Galante, responsabile economico del progetto ‘Campus Urbano. Le case eco-intelligenti’ – sono a rischio implosione, perché il ferro nei pilastri di fondazione si è già usurato in molte case costruire prima degli anni ’80”. Un allarme che era stato lanciato dalle pagine del Quotidiano di Sicilia diversi mesi fa, ben prima dell’ultima tragedia di Palermo, e che adesso ha risvegliato l’attenzione della città, anche perché tra gli anni Settanta e Ottanta si è avuta la tendenza a costruire in maniera "allegra", senza badare troppo a programmi di calcolo, verifiche strutturali e antisismiche.
Il Comune di Palermo ha così deciso di avviare una prima rete di controllo per la sicurezza e il consolidamento statico del patrimonio abitativo della città, un modo per agire in materia di prevenzione dei rischi, riqualificazione urbana, e rilancio di una settore, come l’edilizia, che continua a boccheggiare negli anfratti della crisi. L’amministrazione comunale del capoluogo, che potrebbe fare da apripista in Sicilia e in Italia, ha deciso di applicare il format dell’Università di Palermo, accogliendo anche alcune richieste che gli ordini professionali siciliani ribadiscono da tempo come il fascicolo del fabbricato che dovrebbe contenere tutta la storia strutturale dell’edificio. Adesso si attende solo il protocollo d’intesa, che dovrebbe essere definito nel giro di un mese, per l’inizio ufficiale della collaborazione tra Comune, Università, gli ordini professionali, protezione civile, genio civile, e anche costruttori che dovranno fornire maestranze certificate e qualificate.
In ballo, ha spiegato Galante, ci sarebbero circa 100 mila posti di lavoro per un’edilizia che non dovrà più puntare sulla cementificazione per sopravvivere, ma su un modello di sviluppo urbano moderno, europeo e sostenibile. Nei mesi scorsi in un documento di Fillea, Legambiente e Cgil, denominato appunto “Costruire il futuro”, si è addirittura parlato di 600 mila posti lavoro pronti a sbocciare quando verrà ingranata la marcia dello sviluppo urbano sostenibile. “Nel caso di una città come Palermo – ha concluso Galante – l’obiettivo non è solo la produzione di lavoro, ma la riconversione professionale del bacino precario”. In altri termini un modo per “professionalizzare quei lavoratori già all’interno dell’Amministrazione”, così da “impiegare mano d’opera che non sia un nuovo costo per la città”.