PALERMO – “Decine di imprese edili siciliane da tre anni a questa parte vincono una gara d’appalto, pur partecipando ad una media di dieci gare al mese. Il risultato è che, avendo comunque versato la tassa di partecipazione ad ogni gara, per la copertura di una parte dei costi di funzionamento dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (Avcp), hanno speso in media 30 mila euro l’anno senza potere produrre nulla. Adesso si pensa di aumentare questa tassa (che oggi varia fra 140 e 500 euro in base all’importo a base d’asta) per coprire i maggiori costi dell’Authority, ma le condizioni di crisi e di mercato non sono cambiate”. A denunciare un altro paradosso tutto italiano è Giuseppe La Rosa, direttore regionale dell’Ance (l’associazione dei costruttori edili siciliani di Confindustria), per il quale l’aumento fiscale per il mantenimento dell’Autority “si traduce solo in un costo a vuoto per le imprese siciliane senza una nuova prospettiva di lavoro”.
La Rosa va oltre, suggerendo una possibile soluzione al problema. “Basterebbe – spiega – che l’Authority producesse un solo atto atteso da anni, ossia la pubblicazione dei bandi-tipo (mettendo a sua volta la Regione siciliana nelle condizioni di emetterne di propri), per far sì che non vi siano più ricorsi e per abbattere in un colpo solo i costi dell’ Avcp di quasi 900 mila euro. Infatti, se tutte le stazioni appaltanti pubblicassero bandi con un unico testo-tipo (coerente con la norma, corretto, esente da discriminazioni, discrezionalità e problemi interpretativi), verrebbe meno per le imprese partecipanti o escluse l’odierna necessità di sopportare ulteriori spese per presentare ricorsi. Ciò, di conseguenza, ridurrebbe anche le spese per l’Autorità di vigilanza che, secondo uno studio del Sole 24 Ore, spenderà quest’anno 200 mila euro solo per attività legali (+150% rispetto al 2012), 250 mila euro per cancelleria, 100 mila euro per acquisto libri, 286 mila euro per spese telefoniche e 73 mila euro per formazione (totale 909 mila euro)”.
Secondo l’associazione degli edili, i bandi-tipo abbatterebbero anche il carico di lavoro della giustizia civile e amministrativa. In proposito, va tenuto conto del fatto che oggi persino presentare ricorso è diventato un lusso, dato che a partire da questo mese il solo contributo unificato di iscrizione a ruolo è stato aumentato a 1.466 euro, mentre è salito a 300 euro il contributo al Tar per ciascuna azione (accesso agli atti, avverso il silenzio, esecuzione della sentenza) e a 6.000 euro quello per i ricorsi avverso le stazioni appaltanti. Il bilancio totale per un’azienda che partecipa a dieci gare al mese e che, senza vincerne nemmeno una, presenta almeno due ricorsi al mese, è di 223.584 euro l’anno: 30 mila euro per il contributo fisso all’Authority, 35.184 euro per il contributo unificato e 158.400 per i contributi fissi al Tar. Dei salassi insostenibili per le aziende che, “cornute e mazziate” dalla crisi per la mancanza di lavoro, al momento deficitano pure di liquidità a causa del credit crunch.
Tornando all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, si tratta di un “organo collegiale che vigila – si legge nella mission – sul rispetto delle regole che disciplinano la materia dei contratti pubblici ed è dotata di indipendenza funzionale, di giudizio, di valutazione e di autonomia organizzativa. I sette membri del Consiglio sono nominati dai presidenti della Camera e del Senato, scelti tra personalità che operano in settori tecnici, economici e giuridici guadagnano una media di 160 mila euro lordi all’anno.
L’attuale presidente, Sergio Santoro, percepisce 58.819 euro l’anno. In totale fra presidente e consiglieri c’è un costo di 1 mln 278 mila euro.