Sicilia in diligenza mentre la Cina va in Tav

In Cina è stata inaugurata, il 26 dicembre 2012, la linea ferroviaria ad alta velocità Pechino-Canton, che ha una lunghezza di 2.298 km. Prima, i treni impiegavano 24 ore, adesso con una velocità di crociera di 300 km/h, impiegano poco più di sette ore.
La Cina ha investito 4 mila miliardi di renminbi, equivalenti a 500 miliardi di euro, per realizzare 10 mila chilometri di rete ferroviaria. Non basta: nel giro di cinque anni il colosso asiatico ha intenzione di raddoppiare. L’inaugurazione effettuata il 26 dicembre non è casuale. Infatti, lo stesso giorno del 1893 è nato Mao Zedong, il padre della Repubblica popolare.
Con poco più di 90 euro l’intera tratta può essere percorsa. Vi sono solo 35 fermate. Il prezzo per chilometro della Pechino-Guangzhou è di 0,04 euro, mentre sulla Roma-Milano è di 0,16 euro, cioè quattro volte di più. Sono stati la francese Alstom insieme alla giapponese Kawasaki e alla tedesca Siemens i fornitori della Tav cinese.

Vi è un’altra linea superveloce, la tratta Shangai-aeroporto di Pudong, ove i treni viaggiano a 500 km  orari.
La Cina ha una crescita del Pil intorno all’otto per cento annuo. Ha superato il Giappone ed è la seconda potenza economica del mondo dopo gli Stati Uniti. Infatti, in questo Paese, il Pil è di 15.075 mld $, cui segue la Cina con 7.298 mld $ (dati Fmi 2011).
Al confronto, il Pil del nostro Paese nel 2012 (1.564 mld €) è decisamente nano, ma soprattutto è in  decrescita.
Negli Stati Uniti, la locomotiva ritorna a correre. In Germania, cresce seppur di poco. Ma lì hanno fatto le riforme, mentre qui imprese, sindacati e pubblica amministrazione sono a difesa di un conservatorismo senza uguali nel mondo, salvo che nei Paesi sottosviluppati.
In Cina, oltre agli investimenti massicci nei trasporti – sono stati fortemente potenziati porti e aeroporti – vi sono altre modernizzazioni. La prima riguarda la piena convertibilità dello yuan entro il 2015; la seconda si riferisce al Pil che dovrebbe raddoppiare entro il 2020, con ciò avvicinandosi a quello degli Usa. Entro il 2025 dovrebbe esserci una forte dotazione della Marina militare e mercantile.
Tutto ciò è stato possibile perché là esiste un regime ferreo che regolamenta la vita degli 1,3 miliardi di cittadini.

 
In Cina vige la limitazione a un figlio per ogni famiglia: infatti vi è il divieto di avere il secondo.
Il colosso orientale ha investito in altri due versanti fondamentali per lo sviluppo: quello della formazione, con ben 11 nuove Università e l’altro dell’energia, di cui la crescita ha una fame sempre superiore. In atto, colà vi sono centrali a carbone che, come si sa, hanno un inquinamento elevatissimo perché utilizzano tecnologie arretrate. Le moderne tecnologie, invece, consentono di utilizzare il carbone con un inquinamento pari a quello degli idrocarburi.
I tremila componenti del Parlamento sono nominati con regole rigide e il Capo dello Stato cambia con una programmazione tassativa. Solo così questi ambiziosi traguardi potranno essere raggiunti anche perché la Cina detiene oltre un terzo del debito pubblico degli Usa: una leva formidabile.

Guardando lo scenario prima descritto, la nostra mente e il nostro cuore si rattrappiscono quando giriamo lo sguardo sulla nostra meravigliosa Isola, ove vi sono tesori non utilizzati in enorme quantità, brand mondiali come Taormina e Agrigento, 829 borghi decadenti – che potrebbero essere un’infinita ricchezza -, parchi naturali, paesaggistici, marini, archeologici e montani senza alcuna programmazione.
Nel versante delle infrastrutture c’è un vero e proprio disastro. I porti della Sicilia orientale non sono in rete, quelli dell’occidentale neppure. Le linee ferrate risalgono ai primi del 1900. L’accordo fra Crocetta, Fs e Governo di 5 miliardi, sbandierato dal Presidente siciliano, è rimasto lettera morta.
Non abbiamo notizie dell’apertura dei cantieri dell’autostrada Ragusa-Catania, mentre dell’attivazione dell’aeroporto di Comiso siamo solo agli annunci. L’elenco è lungo e non vogliamo annoiarvi.
Che fanno 1.900 dirigenti regionali per lo sviluppo? Di cosa si occupano gli altri 18 mila dipendenti regionali e i circa 100 mila dipendenti degli enti locali? Non si sa. Però incassano regolarmente stipendi e indennità. Una vera iniquità per chi non arriva a fine mese.