Rifiuti, Ue: l’Italia non decolla. La Sicilia è una palla al piede

PALERMO – L’Europa è ancora molto lontana. La direttiva dell’Ue in materia di rifiuti (2008/98) prevede il 50% del recupero dei rifiuti domestici entro il 2020 mentre gli ultimi dati arrivati dall’agenzia europea dell’Ambiente nei giorni scorsi valutano l’Italia ancora indietro a quota 35%. Tuttavia, il trend dell’ultimo decennio fa ben sperare e l’obiettivo richiesto potrebbe essere agevolmente raggiunto in tempo. A determinare un risultato che resta lontano dalle migliori performance europee contribuisce l’eccessiva frammentazione nazionale che viaggia a due velocità. La Sicilia, infatti, fa corsa a sé ed è terribilmente indietro.
Nel 2010 l’Italia ha fatto registrare un -15% rispetto l’obiettivo che l’Ue ha fissato per il 2020 in materia di recupero dei rifiuti domestici. La sezione italiana del report Eurostat, pubblicato nei giorni scorsi, ha sottolineato come, sebbene l’obiettivo di lungo periodo sia assolutamente accessibile, il Bel Paese soffre una eccessiva differenziazione interna che l’ha portato a bucare l’obiettivo che si era dato nel 2006, ovvero il raggiungimento del 45% entro il 2008. Nonostante il pesante ritardo, a due anni di distanza, gli esperti dell’Aea prevedono che l’obiettivo sarà già pronto tra il 2016, previsione migliore, e il 2019, previsione peggiore.
Uno dei maggiori problemi resta il ricorso alla discarica. Un cruccio per Janez Poto?nik, commissario per l’Ambiente, che ha approfondito il tema durante un seminario a Bruxelles. “Numerosi Stati membri – ha spiegato il commissario Ue – ricorrono ancora troppo allo smaltimento nelle discariche nonostante il nostro impegno a favore di un’Europa più efficiente sotto il profilo delle risorse. L’interramento dei rifiuti comporta un ingente spreco di materiali di grande valore”. Secondo Poto?nik si tratta di “un’occasione mancata per creare nuovi posti di lavoro, far crescere la nostra economia e ridurre gli impatti dei rifiuti sulla salute umana”.
Il riferimento corre alla Sicilia. I dati Eurostat indicano appunto l’Isola come caso critico italiano dove lo smaltimento arriva fino al 93%, mentre la media nazionale si trova a quota 53%.
Si tratta del dato peggiore a livello italiano che è in compagnia di pochissime regioni come Molise (84%) e Basilicata (83%). Tutt’altro discorso per cinque regioni della fascia settentrionale del Paese dove invece si respira aria d’Europa: Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna hanno già raggiunto il traguardo previsto. Conseguenza di questo stato dell’arte è anche il tasso di riciclo che in Sicilia non si schioda dal 9% mentre altrove si raggiungo standard altissimi come in Veneto (59%).
In Sicilia la gerarchia del rifiuto, che la direttiva europea presenta come una piramide rovesciata dove l’ampia base presenta la voce prevenzione (non produzione di rifiuti) e poi, a seguire, preparazione per il riutilizzo, riciclo, recupero e solo alla fine smaltimento, è praticamente rovesciata. I modelli ci sono già: Danimarca e la Germania hanno un trattamento termico rispettivamente pari al 54% e al 38% dei rifiuti gestiti, un riciclaggio rispettivamente pari al 23% e al 45% e un compostaggio al 19% e al 17%.