Catania – L’altra campagna degli outsiders

Parliamo degli outsiders. Iniziamo dal meno probabile di tutti, Matteo Iannitti. Abbiamo ascoltato, domenica scorsa, la sua concione in piazza Europa: il ragazzo (con alle spalle solo 24 primavere) ha idee molto chiare. Niente cementificazione del lungomare, riappropriazione degli spazi comuni e politiche di genere tra i cavalli di battaglia.
 
Chi lo voterà farà una scelta radicale, ma quella di Iannitti non sembra una linea atta solo a distruggere: per esempio, è positivo il suo giudizio sul Brt. Interessante anche la recente proposta di istituire una Commissione antimafia interna al Comune. C’è poi Maurizio Caserta. Le sue quotazioni salgono giorno dopo giorno, e c’è chi giura che al momento si attesti intorno al 20%.
 
Tra i suoi elettori c’è una fetta dell’elettorato di sinistra, che mal ha digerito gli equilibrismi della coalizione di Enzo Bianco. Ma non va dimenticato, come giustamente fanno notare gli osservatori più attenti, che quella di Caserta è una candidatura dai confini incerti.
 
Il suo recente passato in ruoli di primo piano, dalla guida degli Stati generali etnei fino alla Fondazione del Banco di Sicilia (il primo su indicazione di Stancanelli, il secondo su nomina di Raffaele Lombardo), ridimensiona l’aurea di terzietà che lo circonda. Non sorprenderebbe un suo appoggio al sindaco uscente in un eventuale ballottaggio con Bianco. Lidia Adorno del M5S fatica a trovare un’identità.
 
Voci insistenti parlano di una spaccatura tra i grilli dell’Etna, ma lei su questo punto glissa rifugiandosi nella “democraticità” del gruppo. Sullo sfondo la mina vagante Tuccio D’Urso, che, con l’inseparabile caschetto giallo in testa, non lesina accuse né a destra né a sinistra.