Il nostro presidente del Consiglio, Enrico Letta, si è presentato alla riunione dei capi di Stato e di Governo di Bruxelles di giovedi 23 maggio, a suo dire, con la schiena dritta. Egli ha ricevuto il consenso palese da parte dei tre partiti che lo sostengono (Pdl, Pd e Sc), nonché dalla Lega.
Avere la schiena dritta non significa essere presuntuosi, né chiedere ciò che non si possa ottenere. Ci spieghiamo meglio.
Quest’anno, per virtù delle manovre del governo Monti, quasi miracolosamente l’Italia riuscirà a stare dentro uno dei tre parametri fondamentali di Maastricht cioè il disavanzo (differenza tra entrate e uscite) non superiore al tre per cento. Ricordiamo che gli altri due parametri riguardano il debito pubblico, che non dovrebbe essere superiore al 60 per cento nel rapporto col Pil (mentre in Italia ha superato il 130 per cento) e l’inflazione, sulla quale vigila con mano ferma la Banca centrale europea e per essa il suo presidente Mario Draghi.
Stare nel parametro del tre per cento comporta la chiusura della procedura di infrazione Ue nei confronti del nostro Paese e quindi significa togliersi dalle spalle una minaccia che ha obiettivamente tenuto ferma ogni ipotesi di crescita.
A proposito della quale c’è da precisare, per l’ennesima volta, quali possono essere i carburanti per attivarla: riforme e liquidità.
Si tratta di consentire al nostro Paese, e a quelli che ne facessero richiesta, l’emissione di ulteriori titoli di Stato, la cui liquidità dovrebbe essere destinata esclusivamente a investimenti, non conteggiandoli, anche solo per qualche anno, nel disavanzo annuale.
Bisogna tener conto, però, che dal 2014, per effetto di Europlus (25 marzo 2011), di Fiscal Compact (2 marzo 2012) e del quarto comma dell’art. 81 della Costituzione, il bilancio dello Stato deve essere in pareggio. Non può quindi sforare neanche del tre per cento, salvo esplicita deroga Ue.
Per riepilogare, la crescita può avvenire se si finanzia attraverso il recupero di risorse provenienti dal taglio della spesa pubblica improduttiva e l’emissione di nuovi titoli del debito pubblico finalizzati a investimenti.
Lo scenario è chiaro, ora la parola passa a questo Governo, il cui presidente Letta si è impegnato ad avviare riforme e crescita nei primi cento giorni (giugno, luglio e agosto). Vedremo se intanto bloccherà l’aumento dell’Iva dal 1° luglio e come regolamenterà l’aggrovigliata vicenda dell’Imu che rischia di soffocare i Comuni.