Per venire a noi, vi sono almeno quattro grandi questioni che vedono contrapposto il Vaticano e la parte laica del popolo italiano. Esse sono: il testamento biologico; l’accoglienza degli immigrati; la pillola RU486 e l’insegnamento della religione cattolica a scuola.
Purtroppo conosciamo amici e parenti di amici che si trovano in uno stato terminale e patiscono inaudite sofferenze, seppur mitigate dalla terapia del dolore. Molti hanno espresso, quando erano in possesso delle facoltà di intendere e di volere, di voler porre fine ad un’esistenza inutile e dolorosa. Manifestando questa volontà si sono messi al di fuori dei precetti cattolici. Su di essi la Chiesa non ha alcun diritto di intervenire e male farebbe lo Stato se seguisse una richiesta di parte.
Sull’immigrazione, lo Stato politico del Vaticano ha una delle sue leggi che impedisce tassativamente a cittadini di altre nazioni di chiedere la residenza nel suo territorio. Figuriamoci se quello Stato accetterebbe 50 o 100 eritrei, somali, indiani o altri. Non si può predicare bene e razzolare male.
Sulla quarta questione, rileviamo come il Tar del Lazio abbia emesso una sentenza esemplare, con la quale ha sostenuto che gli insegnanti di religione cattolica (perché non ve ne sono altri) non possano influire sui voti. Sostiene il Tar del Lazio che ammettere alle decisioni collegiali quelle di tali insegnanti, viola il pluralismo.
Il ministro al ramo, Maria Stella Gelmini, è corsa ai ripari e con un regolamento di valutazione ha riammesso di fatto gli insegnanti di religione (che possono essere anche suore). Inoltre, da quando la religione cattolica non è più religione di Stato, sembra anacronistico che ancora immagini ed effigi cattoliche si trovino in locali pubblici.
Qui non è in discussione la libertà di ognuno di noi di credere o meno nell’aldilà, o in Dio. Qui si tratta di chiarire una volta per tutte che occorre rispettare i precetti costituzionali, gli unici che gli italiani hanno il dovere di osservare. Poi, chi voglia osservare i precetti della Chiesa di Roma è liberissimo di farlo. Ma chi li rifiuta non deve subire prevaricazioni