Cassa integrazione per i pubblici dipendenti

La Regione continua a erogare stipendi a babbo morto. L’accordo con i sindacati che rappresentano gli enti formativi è il peggiore che si potesse fare perché i 220 milioni di spesa previsti sono letteralmente gettati in un pozzo senza fondo.
Se proprio avesse voluto dare un sussidio economico ai circa 10.000 cosiddetti lavoratori del settore, Crocetta avrebbe potuto pensare a un sussidio di 500 euro al mese, lasciandoli a casa e risparmiando così tfr, tredicesima e oneri previdenziali. Avrebbe ottenuto un taglio di almeno 100 milioni.
Questo è un esempio di come la Regione dovrebbe agire. Stabilire innanzitutto se quel personale è indispensabile o meno alla produzione di servizi qualificati, non in base a formali e pletoriche piante organiche, bensì in conseguenza di un Piano aziendale della Regione e delle sue sezioni, una per ogni assessorato.
Mancando tale Piano aziendale non è possibile determinare con precisione chirurgica quali figure professionali servano alla produzione dei servizi e neanche la loro quantità.

Se fosse redatto, in tale Piano aziendale regionale ci si accorgerebbe subito che vi è un esubero di 8/10 mila dipendenti e di 1.500 dirigenti, nonostante la Regione effettui dei servizi che in altre consorelle sono effettuati dallo Stato.
L’esubero di personale regionale si sommerebbe alle altre 60 mila o più persone inutili alla produzione dei servizi. Il termine inutile non vuole essere una menomazione della dignità delle stesse, ma si riferisce strettamente al nesso con i servizi medesimi.
Per produrre ed erogare un servizio regionale, per esempio, ci vogliono 100 persone e due dirigenti. se in quel servizio ci sono 200 persone e 12 dirigenti risulta evidente che sono inutili 100 dipendenti e 10 dirigenti.
Appurata la quantità di dipendenti e dirigenti inutili, Crocetta avrebbe il problema di cosa farne. Siccome non potrebbe utilizzarli, dovrebbe pensare, anche in questo caso, a una sorta di sussidio o cassa integrazione per dipendenti pubblici, chiedendo anche l’intervento dello Stato che, attraverso l’Inps, dovrebbe finanziare tale cassa integrazione esattamente come fa con i cassintegrati privati.
Non sembri un’idea bizzarra perché essa, invece, è fondata sull’equità fra i cittadini.

 
Peraltro, la gran parte delle Regioni del Nord sta assorbendo risorse pubbliche per sostenere i cassintegrati delle aziende private. anche questo governo con misura urgente  ha stanziato un ulteriore miliardo per la bisogna. Sarebbe quindi un principio di equità che il governo stanziasse altrettante risorse per finanziare i cassintegrati pubblici, dal momento che nel meridione vi è un eccesso di personale nelle pubbliche amministrazioni regionali e comunali.
Naturalmente, se così accadesse, e ci vuole un’apposita legge anche regionale, si dovrebbero applicare le stesse regole per cassintegrati pubblici e privati, con un netto risparmio per le esangui casse di Regioni e Comuni.
Crocetta non può pensare di risolvere contemporaneamente questi problemi di sussistenza e assistenza sociale e cominciare a fare qualche passettino timido verso la crescita, per la semplice ragione che le risorse finanziarie non ci sono per alimentare assistenzialismo e crescita. 

Proprio per questo, il presidente della Regione deve fare una scelta, se vogliamo coraggiosa, e venire in giornali e televisioni regionali, per spiegare che non vi è alternativa al dimezzamento dei costi dell’apparato pubblico non produttivo di servizi, per girare le risorse agli investimenti, all’apertura di cantieri per opere pubbliche, all’attrazione di investitori nazionali ed esteri, e di milioni di turisti che, se convogliati giustamente, arriverebbero volentieri.
L’apertura dei cantieri non può essere fatta con un’idea strampalata che rientra nell’assistenzialismo, udita in questi giorni: farsi dare dai Comuni elenchi di piccole opere solo al fine di impiegare giovani e cinquantenni disoccupati.
Il frazionamento delle risorse immesse sul territorio non fa crescita ma dà solo un sussidio minimo ai disoccupati. Non è questa la strada.
Bisogna invece concentrare le risorse su opere strutturali e infrastrutture che servano da cinghie di trasmissione per l’economia rendendo competitiva la Sicilia.