Può illustrarci i punti più significativi del “decreto del fare”?
“Con questo decreto abbiamo voluto mettere un punto alla politica economica fatta di solo rigore e tasse. Una scelta che ha profondamente impoverito il Paese ed affossato il nostro comparto industriale. Altrimenti non si spiegherebbero i 100 milioni in media al giorno di perdite che subiscono le nostre aziende, oppure le oltre 3.500 piccole e medie imprese che dall’inizio dell’anno hanno chiuso, o il calo dei consumi. Tutti indicatori che evidenziano una crisi profonda e di fronte alla quale questo governo ha finalmente deciso di dare una risposta. Abbiamo messo mano al Fondo centrale di garanzia, che rappresenta uno strumento fondamentale per sostenere le aziende oggi in grande crisi di liquidità. Non dobbiamo dimenticare che viviamo la terza ondata del credit crunch e che proprio in questi giorni l’Abi ha comunicato che anche a maggio i prestiti bancari a famiglie ed imprese si sono ridotti del 3 per cento. Una tendenza che ormai continua da un anno. Se il flusso dei prestiti si ferma è evidente che questo impedisce di fare investimenti, di avere liquidità per intervenire sul mercato e più in generale per fare acquisti. È tutto un circuito che si arresta. Da un lato quello che può fare il governo è invogliare le banche ad investire, anche alla luce di un tasso di interesse fissato dalla Bce allo 0,50 per cento, il minimo storico; dall’altro lato è agendo sulle forme di finanziamento alle quali le imprese possono accedere. Inoltre è stata ripresa la legge Sabatini che prevede una serie d’incentivi alle piccole e medie imprese che acquistano nuovi macchinari ed attrezzature. Per i cittadini abbiamo invece previsto una serie di agevolazioni nel settore dell’energia ed in particolare in quello elettrico che porterà un beneficio di circa 500 milioni di euro”.
Quali sono gli interventi di maggiore urgenza su cui lavorerete in questi ultimi sei mesi del 2013? Quali quelli a lungo raggio?
“Abbiamo intenzione di mettere mano al tema delle liberalizzazioni con un provvedimento da varare dopo la pausa estiva. In questi anni si è fatto molto per liberalizzare ed aprire alla concorrenza i nostri mercati. Io stessa nella scorsa legislatura sono stata relatrice del decreto sulle liberalizzazioni e quindi sono stata testimone diretta della complessità di questa operazione. Continuare su questa strada è necessario perché la concorrenza consente non solo di aumentare il numero dei competitor ma anche di innescare dinamiche positive sui prezzi e sui costi stessi. Questo vale soprattutto per il settore delle assicurazioni dove continuiamo a registrare i prezzi più alti d’Europa. In questo settore certamente interverremo proprio per migliorare la concorrenza e la partecipazione di un numero sempre maggiore di soggetti con il chiaro intento di rivedere verso il basso i prezzi. Liberalizzazioni anche nel settore dell’energia sempre con l’obiettivo di ridurre il prezzo e quindi i costi per i consumatori”.
Come si può rimettere in moto l’economia?
“Penso che la questione della tracciabilità del contante sia centrale. Nel decreto sulla tracciabilità nella passata legislatura abbiamo inserito un limite a 1.000 euro. È stata una scelta importante in quella fase di crisi acuta per le banche. Oggi però credo che bisogna allentare la morsa e far muovere l’economia. Sto lavorando molto su questo tema condiviso, grazie allo studio del professore Ranieri Razzante. Siamo davanti ad un sistema che sta mortificando la crescita e sta facendo aumentare il riciclaggio di denaro. Negli altri Paesi la media per la tracciabilità del contante è di 2.500/3.000 euro. Al Nord Italia tanti turisti non frequentano più i nostri alberghi: non vogliono lasciare tracce e preferiscono alloggiare negli hotel al confine che assicurano “no limite al contante”. Dobbiamo diffondere la moneta elettronica, ma solo se riusciamo ad abbassare le commissioni. Un artigiano non può spendere 1.000 euro per avere il Pos nel suo negozio.
Un’altra importante scelta strategica per la crescita: levare tutti i limiti ai monopoli. Tanti settori, come l’energia e le ferrovie presentano dei sistemi che allo stato attuale frenano lo sviluppo economico del Paese”.
Attraverso quali strumenti è possibile far ripartire lo sviluppo del tessuto imprenditoriale italiano e di quello del Mezzogiorno in particolare?
“In primo luogo dobbiamo far ripartire il credito alle imprese, se non facciamo questo è impossibile pensare di riavviare il mercato. Al Sud è evidente che ci muoviamo in un contesto più difficile alla luce della criminalità organizzata che evidentemente rappresenta uno degli elementi più frenanti per l’economia meridionale. Mi fa piacere che il presidente dell’Antitrust Pitruzzella nella sua ultima relazione abbia plaudito al rating di legalità delle imprese, constatandone il suo successo.
Fu una mia proposta al tempo del decreto delle liberalizzazioni, nella convinzione che alle imprese dovesse essere dato un punteggio per la loro estraneità a fenomeni mafiosi. Un punteggio che poi avrebbe premiato per accedere a fondi e risorse. Quindi più credito ed una riduzione della morsa della criminalità sono i due aspetti dai quali partire. Poi è importante continuare l’opera di costruzione e rafforzamento della rete infrastrutturale, che è essenziale. Inoltre potremmo prevedere forme di agevolazioni fiscali sotto forma di credito d’imposta per chi investe nel Mezzogiorno. Oppure potremmo cercare di impiantare anche nel Meridione lo strumento dei distretti industriali che tanto bene hanno fatto nel Nord”.
30 mld per riconvertire le aree industriali
Qual è il suo impegno per la Sicilia e l’economia del Mezzogiorno?
“Seguo molto la Sicilia da qui. Sto affrontando in questo periodo tre grossi problemi della nostra terra. In primo luogo la Telespazio, controllata da Finmeccanica, che ha messo in cassa integrazione i suoi 26 dipendenti. Negli anni passati purtroppo è stata condotta una politica aziendale che ha reso marginale il ruolo della Sicilia. Oggi però non possiamo abdicare un ruolo che riguarda il futuro: lo spazio, i satelliti, la comunicazione. Non è possibile perdere anche questo.
In secondo luogo mi sto occupando della questione Termini Imerese. Il presidente Crocetta ci ha chiesto altro tempo per valutare un’offerta d’imprenditori stranieri interessati all’area. Bisogna sfruttare meglio le occasioni attuali: la scorsa legislatura abbiamo fatto diventare Termini Imerese una zona franca urbana. Occorre adesso una seria programmazione locale per godere di queste agevolazioni fiscali. Riguardo al futuro posso solo dire che sarebbe importante riconvertire l’area, magari investendo nella produzione, trasformazione e creazione di bioliquidi e biocarburanti. Abbiamo 30 miliardi di euro gestiti dal Ministero dello Sviluppo economico e da quello dell’Ambiente per riconvertire aree industriali. Penso che bisogna avere il coraggio di confrontarsi con nuovi mondi.
Infine mi sto occupando della Valtur di Pollina (Me). Trattativa molto complessa che vede un contenzioso in atto tra Unicredit, Invitalia e l’attuale gestore Eurovacanze. Sicuro che non perderemo uno dei villaggi più belli che esistono in Italia”.
L’enorme burocrazia, freno allo sviluppo del Paese
Quanto è importante per lei essere stata nominata sottosegretario in un Ministero così strategico per la crescita?
“È una soddisfazione poter essere oggi sottosegretario dello Sviluppo economico, lo reputo un premio al mio percorso nella passata legislatura. Una nomina perfettamente in coerenza con le competenze che ho dimostrato in Commissione X, occupandomi principalmente di energie rinnovabili. La green economy è un settore a cui credo molto e che reputo strategico per il futuro del Paese. Possediamo tantissime opportunità da sviluppare in questo senso. Non possiamo rimanere indietro rispetto ai Paesi del Nord Europa. Finora in Italia il settore delle rinnovabili ha rappresentato solo la possibilità di speculare sui soldi pubblici, attraverso il sistema degli incentivi, e non la creazione di una rete solida e funzionale di energia pulita.
Nella passata legislatura sono stata anche relatrice del decreto liberalizzazioni. Da sottosegretario, insomma, continuo a portare avanti un lavoro già iniziato qualche anno fa”.
Cosa frena lo sviluppo economico del Paese?
“Senza dubbio l’enorme burocrazia: un problema di sistema e anche culturale, che opprime e sopprime la crescita. Penso che il modello americano sulle autorizzazioni con controlli ex post possa essere studiato e applicato alla realtà italiana.
Oggi per mettere dei pannelli solari sul mio capannone ho bisogno di 30 autorizzazioni! La vita non può essere così complicata. Lo Stato, per quanto mi riguarda, deve soltanto controllare e avere fiducia nel cittadino. Gli italiani devono essere agevolati, non spremuti”.