La Corte ha sottolineato lo sbilanciamento tra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria (violazione del principio di parità delle parti di cui all’art. 111 della Costituzione).
La ragione della legge censurata risiedeva sulla necessità della impignorabilità dei beni delle pubbliche amministrazioni, in quanto esse dovevano assicurare la continuità della erogazione delle funzioni essenziali. La Consulta ha ritenuto questo assunto strumentale, perché i beni pignorati possono essere lasciati in deposito al debitore ed essere ugualmente utilizzati.
Non è che sotto il profilo concreto questa sentenza risolva il problema del ritardo dei pagamenti, perché esso è endemico e deriva fondamentalmente da uno squilibrio gestionale degli enti pubblici, i quali salvaguardano sempre, comunque e in primo luogo, gli stipendi dei propri dirigenti e dipendenti, infischiandosene altamente se i dipendenti delle imprese creditrici restino all’asciutto anche per mesi e mesi.
Questo governo ha sbloccato i primi 25 miliardi dei debiti che le pubbliche amministrazioni hanno nei confronti del sistema delle imprese.
Nelle controversie che imprese e cittadini subiscono o attivano nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in caso di soccombenza di queste ultime, i giudici tendono a compensare le spese. Anche questa è un’iniquità, perché se le pubbliche amministrazioni perdenti fossero costrette a pagare spese legali ed onorari eviterebbero, quando hanno torto, di infilarsi in procedimenti giudiziari che hanno solo uno scopo dilatorio.
Se gli enti pubblici pagassero spese e onorari in caso di soccombenza, avrebbero poi il dovere di rivalersi sui propri dirigenti negligenti che, anzichè emettere provvedimenti in autotutela, si imbarcano in cause giudiziarie senza alcuna speranza di vincerle.
Anche per questo aspetto, portato oggi in evidenza, è necessario un intervento della Corte costituzionale e degli altri organi giudiziari perché non è ancora sopportabile lo squilibrio di trattamento tra il settore privato e quello pubblico.