PALERMO – Dopo l’accordo politico raggiunto a inizio estate, è stato raggiunto anche l’accordo finale sulla nuova Politica agricola comunitaria 2014-2020. La settimana scorsa si sono conclusi i negoziati trilaterali (il trilogo) tra i delegati di Commissione, Parlamento e Consiglio europei e ieri gli eurodeputati hanno approvato il testo in commissione Agricoltura e sviluppo rurale. Ciò non significa che la nuova riforma entrerà già in vigore: c’è ancora qualche passaggio burocratico da toccare e i tempi di entrata in vigore al 100 per cento, come già si sapeva da inizio 2013, sono slittati di un anno.
“Abbiamo dimostrato – ha spiegato il presidente della commissione Agricoltura, Paolo De Castro (S&D) – che il Parlamento poteva preparare una riforma migliore e più democratica, lavorando nel contempo per assicurare che gli agricoltori avrebbero tratto giovamento, in tempo, dalla nuova Pac”.
La Pac dà le linee guida a livello europeo per lo sviluppo dell’agricoltura, uno dei temi più importanti di cui si occupa l’Ue. La crisi economica e i vari rinvii delle discussioni sul bilancio settennale fino al 2020 hanno costretto i relatori del Parlamento Ue a cercare un accordo che la rendesse più giusta, equa e realmente adatta alle differenti realtà del Vecchio continente, equilibrando le necessità degli agricoltori con quelle dell’austerity.
Tra i relatori c’è anche il catanese Giovanni La Via, del Ppe, che ha spiegato al QdS come la nuova Pac influenzerà il settore primario in Sicilia.
Qual è il punto di forza della nuova Pac?
“Il primo tema è che sostanzialmente avremo una dotazione finanziaria analoga al passato, con una migliore distribuzione tra gli agricoltori. Anche in Sicilia gli agricoltori che avevano i premi unitari più alti tenderanno a perdere qualcosa in favore di chi aveva i premi unitari più bassi. Andiamo verso un meccanismo di maggiore equità della Politica agricola”.
Quale sarà la dotazione finanziaria per la Sicilia?
“La dotazione finanziaria per la Sicilia dovrebbe essere sostanzialmente la stessa, o subire un leggero innalzamento, ma secondo dei criteri che dovranno essere decisi in ambito nazionale. Qualora si decidesse di andare verso pagamenti unici su livello nazionale, la Sicilia ci guadagnerebbe in maniera cospicua e ci perderebbero la Lombardia e la Puglia che hanno premialità molto alte. Invece, se si decidesse di non seguire un piano regionale, ma di dividere il territorio in gruppi di regioni omogenee, dipenderà da come si faranno queste aggregazioni e una previsione è difficile da realizzare”.
Ora gli Stati membri potranno trasferire fino al 15% dei propri pagamenti dai pagamenti diretti alla dotazione per lo sviluppo rurale. L’Italia che posizione potrebbe prendere?
“Una cosa è certa: avendo l’Italia un livello di pagamenti diretti medio-alto sul piano comunitario, quel trasferimento dei pagamenti dal primo al secondo pilastro, cioè dai pagamenti diretti allo sviluppo rurale, in teoria potrebbe avvenire, ma non credo che il Governo nazionale si muoverà in questa direzione, anche perché tutte le organizzazioni agricole sono favorevoli ai pagamenti diretti, senza passaggi intermedi da Regioni scarsamente efficienti come la nostra”.
Si applicherà a partire dal 1° gennaio 2015
Quali sono i tempi di applicazione?
“Dopo l’approvazione in commissione Agri, porteremo questa riforma nella seconda plenaria d’ottobre e non ci sono i tempi tecnici per poterla implementare subito. Si applicherà dal 1º gennaio 2015. Nel 2014 si seguirà la linea dell’old programme-new money: rimarranno i programmi operativi degli anni precedenti, ma con i nuovi soldi del 2014-2020. Per la Sicilia dovrebbero essere circa 600 milioni di euro”.
Qual è il suo giudizio complessivo?
“Nel complesso mi dichiaro largamente soddisfatto. La proposta della Commissione europea era deleteria per gli agricoltori siciliani. Chi aveva un uliveto o agrumeto avrebbe dovuto estirparne una parte da lasciare a riposo: era una riforma pensata per chi faceva i cereali nel Nord Europa, non era adatta al Sud. Ci portiamo a casa i pagamenti diretti per gli agricoltori, anche per chi fa i fruttiferi (pero, pesco, pistacchio, mandorlo, ecc.), gli ortaggi, l’uva da tavola, i vigneti… che finora erano stati esclusi. Tutte le colture mediterranee rientrano nella nuova Pac: è un grande successo”.