Un atto di furbizia, si può definire. Ma non c’è il furbo se non c’è il pirla. Il terzo socio della vecchia maggioranza, cioè Mario Monti, non ha battuto un colpo, mentre questa poteva essere l’occasione per denunciare l’immobilismo della strana maggioranza, che cincischia da cinque mesi.
Tutti fanno riferimento alla legge di stabilità, come se essa avesse un effetto taumaturgico. Non è così, ma è pur vero che se essa non sarà presentata alle Camere entro il prossimo 15 ottobre, un tempo brevissimo, sarà l’Unione europea a scriverla e a imporla in maniera cogente, in forza della lettera d’impegni verso l’Ue che Berlusconi firmò nell’ottobre del 2011.
Il che sarebbe drammatico, anche sul piano istituzionale interno, perché significherebbe che non siamo più in condizione di gestire gli affari nostri.
La vicenda che osserviamo è precipitata per il peso che ha avuto la sinistra-sinistra, cioè tutti coloro che odiano Berlusconi e si comportano in modo insensato pur di vederlo fuori dalle istituzioni o in galera.
Dato che il vitello non può essere contento di andare al mattatoio, Berlusconi non poteva accettare di perdere la protezione istituzionale e di ricevere nuovi mandati di cattura. Era ovvio che in queste condizioni avrebbe giocato il tutto per tutto.
Ecco perché l’interesse generale e il buon senso avrebbero dovuto indurre il Partito democratico a far rinviare la legge Severino alla Corte costituzionale, prendere 6/8 mesi di tempo e, nel frattempo, fare i provvedimenti che interessano ai cittadini, soprattutto quelli più deboli. Mi ricordavano, i giuristi citati, la vicenda di Toni Negri. La Commissione parlamentare non ritenne di eseguire la condanna definitiva per farlo decadere da deputato, per ragioni politiche.
Sono convinto che se segretario Pd fosse stato Matteo Renzi, nonostante la sua giovane età, non avrebbe seguito l’odio verso Berlusconi della sinistra-sinistra e avrebbe condotto la vicenda nell’interesse generale prima indicato.
Risulta inspiegabile il motivo per il quale il Consiglio dei ministri non abbia approvato la manovra indicata prima. Risulta altresì inspiegabile perché nella stessa manovra non sono stati inseriti i tagli di spesa necessari, ma ancora aumenti di tasse e di accise.