L’aiuto va dato ai deboli e ai bisognosi. I cittadini italiani che hanno capacità d’intraprendere hanno bisogno di operare in un mercato aperto, non dominato da lobby e corporazioni, e di ottenere dal sistema bancario e finanziario le risorse necessarie per attuare progetti di sviluppo in settori innovativi, perche quelli maturi sono ormai morti.
Quello che descriviamo si può condensare in uno slogan: Occorre creare il lavoro, non cercare il lavoro. è ovvio che non tutti gli italiani sono in condizione di creare il lavoro e, per conseguenza, lo cercano. E quando si parla di creare lavoro non ci riferiamo solo ai settori innovativi, ma anche, per esempio, a un ritorno massiccio nei lavori manuali che molti giovani sdegnosi non vogliono fare, come se si trattasse di attività disdicevoli sul piano sociale.
Un comportamento incolto ed ignorante del fatto che qualunque mestiere o professione si faccia è altamente onorevole se si svolge con dignità e consapevolezza, facendo il proprio dovere fino in fondo.
Vi è un’altra questione: molta gente non vuole lavorare né di notte né di giorno festivo, quando invece vi sono centinaia di migliaia di italiani che lavorano proprio in quei periodi.
Creare un lavoro significa rubare un’idea da internet, creare come altri hanno fatto, immettere nuova inventiva, provare e provare senza arrendersi anche di fronte a dei fallimenti iniziali, dimenticarsi le ferie e i giorni festivi. Lavorare, lavorare e lavorare.
Nel nostro Paese c’è bisogno di quella mentalità vincente che l’ha fatto risollevare dalle ceneri di una guerra insensata e assurda. Negli anni ‘50 e ‘60 tutti gli italiani, compresi i dipendenti pubblici, pur facendo immensi sacrifici, hanno imboccato una strada nella crescita che sfociò nel sempre rimpianto boom economico.
Poi la rivoluzione del ‘68 col 18 politico, dato anche agli incapaci e ai fannulloni, ha attenuato la spinta propulsiva prima richiamata e ha fatto arrivare agli anni ‘80, quando la dissennata politica democristiana e socialista ha indebitato il Paese da 200 mila miliardi lire del 1980 a ben 2 mln di miliardi di lire del 1992. Quell’anno intervenne la non dimenticata manovra lacrime e sangue di Giuliano Amato, presidente del Consiglio, di 96 mila miliardi!!!