Sarebbe sufficiente stabilire il principio, con apposita legge, che ove vi siano esuberi nelle Pubbliche amministrazioni – statale, regionale e locale – vadano in una cassa integrazione alle stesse condizioni della cassa integrazione privata.
Nella legge in esame vi è una grossolana finzione: indicare le cifre del triennio. Per esempio, Letta ha detto che riduce il cuneo fiscale di cinque miliardi, ma in tre anni (2014-2016). Perché non diceva, per farsi più bello, di ridurre il cuneo fiscale di quindici miliardi, ma in dieci anni? Conta, invece, l’intervento nel 2014. è proprio su esso che si dovrebbero concentrare almeno dieci miliardi.
Da dove prenderli? La risposta è evidente: dal taglio della spesa pubblica, che alla fine dell’anno supererà di settecentotrenta mld, oltre circa ottantacinque per gli interessi. Non c’è dubbio che, non avendo paura delle categorie privilegiate, si possono tagliare trenta miliardi di spesa pubblica improduttiva, cioè di apparati e non, ripetiamo, di assistenza sociale che, anzi, dev’essere potenziata.
Con le risorse così recuperate, da cui sottratti i dieci mld per il cuneo fiscale, si potrebbe procedere come segue.
Di quanto precede non c’è nulla nella Legge di stabilità, per cui si potrebbe tranquillamente dire che essa è stabile ma non fa crescere, né fa produrre ricchezza e neanche crea lavoro vero, non quello inutile di gran parte delle Pubbliche amministrazioni.
Vi sono altre questioni che la Legge di stabilità non affronta. La prima riguarda il turismo. La città più importante del mondo cattolico, Roma, ha la metà di turisti di Parigi che ha un minor numero di abitanti. La Sicilia, con i suoi cinque milioni di abitanti, ha un numero di turisti doppio della Repubblica di Malta che ha, però, un numero 12 volte inferiore di abitanti.
E veniamo al settore energetico. La più importante materia prima, gli Rsu (rifiuti solidi urbani), in due terzi del Paese è ammassata in discariche, anziché essere utilizzata in impianti di ultima generazione per la produzione di elettricità e teleriscaldamento, poi, manca un Piano per l’utilizzazione della linea del legno.
Ci fermiamo, augurandoci che il Parlamento sappia inserire quanto precede e non si perda in inutili diatribe.