La crisi della pubblicità e il digitale stanno spegnendo le tv locali siciliane

CATANIA – I giornalisti televisivi più produttivi di Sicilia si trovano a Vittoria (Rg). In tre ore e mezza di lavoro sono capaci di realizzare un’edizione del telegiornale – magari senza troppe interviste, perché non c’è il tempo materiale per andarle a fare – ma dignitosa nella forma e nei contenuti, con circa 12 servizi filmati, più la conduzione in studio. E la rassegna stampa mattutina. E l’aggiornamento del sito. Poi basta, perché da luglio i giornalisti sono in cassa integrazione.
A lavorare sono rimasti solo in due. Veloci, professionali nonostante le risorse limitatissime, il direttore Elio Alfieri e la redattrice Giovanna Cascone farebbero la fortuna di ogni editore. Intanto la stanno facendo al loro, Michele Gintoli, proprietario di E20 Sicilia, una delle 78 tv locali dell’Isola inserite nella graduatoria del Corecom (Comitato regionale per le comunicazioni) per i contributi relativi al 2012, come risulta dalla pubblicazione avvenuta sulla Gurs del 4 ottobre scorso. Il caso rappresentato da Alfieri e Cascone non è unico, anzi.
Tante tv, oggettivamente troppe. Perché, nella realtà, le tv locali siciliane sono più di 100. Per la precisione 118 quelle accreditate prima del passaggio, avvenuto lo scorso anno, al digitale terrestre. Una "tempesta perfetta", come il calo degli introiti pubblicitari unito agli investimenti per la riconversione al nuovo sistema di trasmissione, le sta affossando, mettendo a rischio centinaia di posti di lavoro, tra diretto e indotto. Risultato? Autoproduzioni ridotte, studi desolatamente vuoti. E spesso povertà di idee, quelle idee che decretarono, invece, il boom dell’emittenza cittadina tra la fine degli anni Settanta e il decennio successivo.
Certo, tutto il settore editoriale (internet escluso) soffre e la Sicilia non ne è esente. La torta pubblicitaria, in particolare, si è rimpicciolita e le risorse, da cui trarre linfa per portare avanti le imprese, sono diventate più strette. Le 78 tv locali siciliane ammesse alla graduatoria per i contributi hanno fatturato nel 2012 poco meno di 37 milioni. La prima (Antenna Sicilia) 4,8 mln; l’ultima (Canale 8 Teleficarazzi) 1.961 euro. Addirittura, in 8 hanno dichiarato un volume di affari minore a 1.000 euro al mese. Meno di un condominio. è chiaro che queste, ed altre, si reggono nel nome delle sinergie interne allo stesso gruppo o perché, inquadrate come “comunitarie”, hanno minori costi del lavoro, però in nome di un alto prezzo sociale: stipendi bassi e sfruttamento. La televisione comunitaria è stata introdotta in Italia dalla legge 223/1990 (meglio conosciuta come legge Mammì) in contrapposizione alla televisione commerciale. Essa non ha fini di lucro. Le televisioni comunitarie possono trasmettere pubblicità, ma i limiti sono più stringenti rispetto alle “commerciali”: 3 minuti per ogni ora di trasmissione. Ecco spiegati certi fatturati veramente bassi.
Poi succede, per esempio, che chi dichiara 6.936 euro riesce ad incassare un punteggio maggiore di chi ne ha fatturato oltre 242mila. Al punteggio totale, infatti, concorrono anche le voci legate al personale dipendente, suddiviso tra “giornalisti” (professionisti, pubblicisti e praticanti) e “altro” (tecnici e impiegati). Alla fine, 1/5 del contributo totale deciso dal ministero dello Sviluppo economico, ripartito sulla base dei fatturati regionali, è distribuito fra tutte le tv ammesse in graduatoria; i 4/5 vanno al 37% delle stesse imprese. Nel caso della Sicilia, alle prime 28 in graduatoria. L’ammontare del 2012 è ancora sconosciuto.
A scorgere la lista le grandi sorprese non mancano. Diciassette imprese hanno ottenuto punteggio 0 per quanto riguarda il personale. Sì, zero. E per altre 15 lo 0 riguarda soltanto i giornalisti. Spiega il perché Ciro Di Vuolo, presidente del Corecom Sicilia: “Il punteggio pari a 0 non significa che le emittenti non hanno giornalisti ma che a quella impresa, non avendo versato i contributi ad esempio all’Inpgi (l’Istituto di previdenza dei giornalisti, ndr), è stato azzerato il punteggio relativo ai giornalisti, ovvero essendo un’emittente comunitaria da regolamento ministeriale non ha l’obbligo di personale”. Dunque, in 32 tv sulle 78 prese in considerazione i giornalisti hanno magari un contratto regolare, ma senza versamento dei contributi. 
“Le norme in materia consentono purtroppo delle scappatoie – dichiara Alberto Cicero, segretario regionale dell’Assostampa, il sindacato dei giornalisti -. In collaborazione con Corecom e le sezioni provinciali dell’Assostampa, lo scorso anno abbiamo consegnato uno studio al Nucleo lavoro regionale dei carabinieri che ha aperto un fascicolo. Mentre attendiamo  notizie sull’indagine, possiamo riferire ciò che abbiamo scoperto: molto lavoro nero, livelli contributivi bassissimi, situazioni fai da te”. Il numero delle tv locali non favorisce il mercato. “Dopo il passaggio al digitale, diverse tv si sono appoggiate a quelle che hanno ottenuto la concessione – continua Cicero -. Tuttavia, anche 78 emittenti sono troppe. Rispetto ad alcune regioni del Nord, per fare un confronto, il rapporto è di 1 a 5, a svantaggio della Sicilia”.
Le imprese rispondono alla crisi in vari modi. Uno su tutti: tagliare i costi del personale. È successo un po’ ovunque, da Video Mediterraneo a Telecolor, da Trm ad Antenna Sicilia, tanto per citare i casi più importanti. “Tutte le imprese sono state costrette a rivedere i piani – dichiara Raimondo Minardo, amministratore del gruppo che fa capo a  Video Regione, tra quelli che stanno affrontando meglio il delicato periodo – principalmente nel nome delle sinergie e del blocco del turn over. Noi, per esempio, stiamo attuando sinergie con altri operatori a livello nazionale e trasmettiamo in altre regioni per attingere ad un mercato pubblicitario che non sia solo regionale. Ci siamo reinventati, anche se dobbiamo registrare l’assenza di rapporti di collaborazione con altre emittenti della zona. Eppure, in questo momento le sinergie sarebbero importanti”.
Anche a livello nazionale i risparmi sono necessari. Per fare fronte a un calo del 2% degli abbonati e di un parallelo aumento dei costi del 7%, Sky ha varato nei giorni scorsi un piano di austerità per 100 milioni di euro.
 

 
Ddl al vaglio dell’Ars: aiuti solo alle imprese in regola
 
CATANIA – Finora la politica non ha risposto al grido di dolore dell’emittenza locale. La Regione siciliana è stata l’unica a non avere pensato a un sistema diretto di aiuti durante il passaggio, obbligatorio e oneroso, al digitale terrestre.
Nelle ultime settimane si registra il via libera in commissione di in disegno di legge sull’editoria (stampa, tv, radio eccetera) con un fondo di soli 400mila euro. Meno della metà del  milione, già insufficiente al fabbisogno di un intero settore in debito d’ossigeno, promesso in origine dal proponente, Lino Leanza di Articolo 4.
Secondo il testo che andrà al vaglio dell’Ars, le tipologie degli interventi previsti sono: contributi in conto interessi e prestazioni di garanzie per investimenti e contributi per il consolidamento delle passività onerose. Un emendamento modificativo dell’art. 5 del ddl ha soppresso l’agevolazione fiscale in materia di Irap per nuove assunzioni e l’intervento a sostegno delle imprese in stato di crisi, anche mediante il credito di imposta.
Il punto di forza della proposta legislativa che ingloba anche i precedenti ddl 8 e 280, presentati rispettivamente dai deputati Raia e Vinciullo in materia di editoria e comunicazione, è rappresentato dal fatto che essa rifiuta ogni logica di assistenzialismo. Non prevede cioè contributi a pioggia.
Gli organi di informazione locale potranno beneficiare dei circa 400 mila euro messi a disposizione dalla Regione solo in presenza di specifici requisiti: essere in regola con i pagamenti delle spettanze al personale e dei relativi oneri previdenziali ed assistenziali; di avvalersi di giornalisti iscritti all’ordine e regolarmente contrattualizzati; di non avere effettuato licenziamenti nei sei mesi precedenti la richiesta di accesso ai benefici. Il comma 2 dell’art. 4 del ddl (Requisiti per l’accesso ai benefici) stabilisce poi per ogni ambito ulteriori requisiti specifici per usufruire degli interventi di sostegno. Al comma 3, invece, viene specificato che sono escluse dai benefici le testate/emittenti espressione di partiti politici, sindacati, organizzazioni religiose, economiche e di tendenza, nonché quelle i cui prodotti editoriali siano diffusi contestualmente a prodotti a diffusione nazionale.
 

 
Renato Stramondo: “Tagli dolorosi, ma dalla crisi nascono nuove opportunità”
 
CATANIA – “Quando un’impresa vive in un contesto drammatico, deve fare fronte a scelte dolorose per potere sopravvivere”.
Per Renato Stramondo, direttore di rete di  Antenna Sicilia e presidente del Cda di Telecolor, tutto è partito cinque anni fa. “La crisi delle emittenti – dice – è giunta in Sicilia nel secondo semestre del 2008 e ancora oggi non si vedono cenni di ripresa del mercato pubblicitario, sul quale si fondano le entrate. In presenza di bilanci in negativo per 4-5 anni consecutivi, sorgono problemi anche nel rifinanziamento bancario”.
È una crisi strutturale?
“Sta assumendo questo assetto. Se alla diminuzione della pubblicità aggiungiamo gli investimenti imposti per  il passaggio al digitale terrestre senza alcun contributo regionale, i conti sono presto fatti. Alle tv locali hanno tolto pure il rimborso all’80% per le spese dei consumi elettrici. Sa cosa significa trasmettere in tutta la Sicilia? Almeno 40 ripetitori”.
D’accordo. Ma è possibile affidarsi solo ai tagli o esistono altre vie d’uscita?
“La crisi costringe a reiventare il prodotto, a ripensare la tecnologia aziendale, affermando la necessità di nuove figure professionali. è normale inviare tre troupe televisive per seguire lo stesso evento? Non soltanto sono costi in più, ma è uno spreco”.
L’informazione resta un caposaldo?
“Sì. Ma serve che i giornalisti facciano anche i cameraman e poi montino i loro servizi al computer. Succede in tantissime realtà nazionali e internazionali, non vedo perché da noi non si possa fare. è una delle misure per andare avanti e per potere avviare, ad esempio, una rete all news siciliana”.
Sta dando una novità?
“No comment”.
Come giudica il sistema dei contributi?
“Iniquo. Almeno fino a quando una parte degli introiti verranno dati senza distinzione di sorta alle emittenti. Una realtà che dà lavoro regolare a decine di persone qualificate non può essere messa sullo stesso piano di un’altra che ha pochi lavoratori in cassa integrazione e senza contributi versati. Sappiamo di un uso spregiudicato delle autocertificazioni. L’auspicio è che dal 2015 il sistema venga rivisto in una chiave seria”.