Va da sé che per onorare la Repubblica e, quindi, i cittadini, la Pubblica amministrazione dovrebbe avere l’orgoglio di divenire un organo primario al servizio dei cittadini, così come accade in Francia, ove la spesa pubblica è maggiore di quella italiana, ma la qualità dei servizi non è neppure paragonabile a quella nostra. Nel Paese transalpino, l’Ena (Ecole nationale d’administration) ha sempre sfornato dirigenti di altissimo livello, che conoscono il proprio dovere. Ovviamente, anche là si verificano casi di corruzione, ma sono sporadici e non numerosi come nel nostro Paese.
L’Italia che non funziona non può crescere. Ci vogliono un Governo e una maggioranza forti per ripristinare le regole del gioco, nel quale i cittadini vengano considerati datori di lavoro che pagano stipendi e pensioni pubblici e, d’altra parte, dirigenti e dipendenti che si meritano quanto percepito.
In questi ultimi trent’anni, la situazione è sempre peggiorata, perché sono aumentati clientelismi e favoritismi dovuti alla sempre più bassa qualità del ceto politico, incapace di proporre progetti strategici e di dare prova di onestà, non solo intellettuale, e di capacità di fare funzionare la macchina pubblica.
Giuseppe Mazzini sosteneva che prima vengono i doveri e poi i diritti. Dal che ne consegue che prima vengono i servizi pubblici e poi gli stipendi dei dipendenti pubblici. Una vistosa distorsione del sistema ha portato a invertire l’ordine naturale delle cose, anteponendo gli stipendi pubblici alla qualità e alla quantità dei servizi. Tale iniquità è divenuta insopportabile. Bisogna urgentemente ripristinare il giusto ordine di precedenza: prima i doveri e poi i diritti.
In questo quadro occorre che i sindacati, che rappresentano i dipendenti pubblici e privati, mettano ordine al loro interno per evitare che tre milioni di cittadini della Pa restino privilegiati rispetto ai 17 milioni di cittadini che lavorano nel settore privato.
Bisogna operare sulla struttura di Stato e Comuni. Per fare questo ci vogliono Governo e maggioranza forti che decidano di fare le riforme in questa direzione.
La ripresa è alle porte, ma se non si aggancia con determinazione passerà, lasciando l’Italia nell’attuale pessima situazione in cui si trova.