PALERMO – Ieri è stata la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne: istituita dall’Onu nel 1999, raccoglie di anno in anno sempre più partecipanti. Si auspicherebbe che la violenza diminuisse proporzionalmente, grazie alla cresce sensibilizzazione e a una cultura che si fa sempre più cosciente del problema. L’impegno in questa strada è ormai generalizzato, anche se ancora c’è molto da fare, e anche le istituzioni stanno remando dalla stessa parte, pur con falle e problemi che devono essere via via risolti.
Intanto, il bollettino di guerra in Sicilia è meno drammatico del 2012. L’anno scorso, come oggi, erano già state 15 le donne vittime di femminicidio. La 27ª ora del Corriere della sera ne ha censite dal 1º gennaio dodici: abbiamo pianto la singalese Maduri Warnacula, la romena Mihaela Gavril, l’agrigentina Giovanna Longo, la palermitana Rosi Bonanno, la catanese Concetta Zimone e la siracusana Antonella Russo, tutte vittime di partner o ex (a parte la Piechulska, coinquilina della Gavril), poi la polacca Henryka Piechulska, le catanesi Maria Lucia Garra e Angela Zappalà, la ragusana Giovanna Nobile e la palermitana Grazia Rosaria Quatrini, comunque vittime di femminicidio ma in circostanze diverse.
Nei giorni scorsi, è stata presentata la ricerca nazionale “Quanto costa il silenzio?”, condotta da Intervita Onlus, che sottolinea come dietro le fredde cifre di questo bollettino di guerra ci siano dei numeri ancora più gelidi: il costo sociale della violenza di genere. Le stime più accreditate e riportate dallo studio parlano di 14 milioni di atti di violenza (dallo schiaffo allo stupro), di cui però solo il 7,2% delle vittime denuncia l’accaduto. Il costo stimato, per tutta Italia, è di 17 miliardi di euro l’anno: quasi 2,3 riguardano i costi dei servizi e oltre 14 miliardi di euro quelli umani e di sofferenza. Lo studio fa anche una comparazione: è lo stesso costo sociale del triplo degli incidenti stradali che avvengono in un anno in Italia.
I servizi di cui parla lo studio sono le spese sanitarie (pari a 460,4 milioni di euro per pronto soccorso, all’ospedalizzazione, alle cure specialistiche), le cure psicologiche (158,7 milioni di euro) e l’acquisto di farmaci (44,5 milioni di euro); inoltre anche le forze dell’ordine costano (denunce, investigazioni e trasmissione dei casi all’Autorità giudiziaria pesano 235,7 milioni di euro), così come la giustizia ha un suo peso (421,3 milioni, più 289,9 di spese legali). L’assistenza delle vittime e dei loro familiari è divisa tra servizi sociali comunali (154,6 milioni) e centri antiviolenza (7,8 milioni). Infine, si parla anche di 604,1 milioni di euro causati dalla mancata produttività.
C’è anche una sorta di risarcimento morale che dev’essere quantificato e Intervita calcola in 14,3 miliardi di euro questo parametro. È il danno al lato umano, emotivo ed esistenziale che pesa sulle vittime, sui figli e sui familiari. Il calcolo è stato fatto seguendo i risarcimenti danni negli incidenti stradali e quindi comprende danni fisici, morali e psicologici. E quanto si investe a fronte di un danno economico tanto alto? Appena 6,3 milioni di euro nel 2012.
Marco Chiesara: “Spaventose ricadute economiche e sociali”
ROMA – Il presidente di Intervita Onlus, Marco Chiesara, avvocato milanese con una lunga esperienza nel terzo settore, ha spiegato la ricerca durante la presentazione a Roma. “Questo nostro studio – ha affermato – aumenta la consapevolezza di quanto la violenza sulle donne resti sommersa e di quanto spaventose siano le ricadute economiche e sociali sul nostro Paese. Emerge con forza che non è solo la donna direttamente coinvolta a scontare la violenza. Oltre alle drammatiche conseguenze fisiche e psicologiche che spesso diventano un forte ostacolo per ricominciare a vivere una vita normale; per affrontare il problema è necessario considerare che a subire un danno economico e sociale è l’intera collettività: la famiglia, le imprese, lo Stato, gli istituti di previdenza, noi tutti”.