Barcellona e il dissesto idrogeologico dopo due anni le stesse emergenze

BARCELLONA POZZO DI GOTTO (ME) – Dal torrente è nata e dal torrente rischiava di essere distrutta. La città di Barcellona Pozzo di Gotto, uno dei centri più fiorenti della costiera tirrenica peloritana, è sorta quando si è deciso di unire due contrade separate dall’allora fiume Longano (oggi ridotto a un vallone). Due anni fa, martedì 22 novembre 2011, ha vissuto il suo periodo più difficile, quando la zona è stata tra i comuni colpiti da una tra le alluvioni più violente degli ultimi anni (che tra l’altro ha ucciso tre persone a Saponara, distante una trentina di chilometri, e causato danni per milioni di euro in tutto il circondario).
È Barcellona dove si sono registrati i problemi più clamorosi e per miracolo non si sono piante vittime. Il crollo del ponte che collegava la zona di Calderà con quella di Spinesante, ad esempio, avrebbe potuto avere conseguenze gravissime, così come l’esondazione del Longano, che ha affogato nel fango l’intera città. Le piogge torrenziali hanno riportato d’attualità il problema della copertura del letto del torrente, su cui è sorta via San Giovanni: poco più di 700 metri sotterranei che durante le piogge più intense rischiano d’intasarsi con tutto il materiale trascinato a valle dall’acqua. E così è successo nell’autunno di due anni fa e varie altre volte in passato, anche se con minori conseguenze.
Uno scenario che potrebbe anche ripetersi. Tornati nel vallone, a distanza di due anni, la pulizia ancora scarseggia, le piante hanno invaso nuovamente lo spazio tra gli argini. Il ponte provvisorio collocato un po’ più a monte rispetto a quello di Calderà (costato 200 mila euro alla Provincia) ha permesso alla circolazione stradale di tornare a una certa normalità, ma i fondi per trovare una soluzione definitiva non ci sono.
Anche perché il problema non è solo un ponte. 140 famiglie sono tuttora fuori dalle proprie abitazioni, dichiarate inagibili. Molte attività commerciali sono state costrette a chiudere bottega perché i danni economici causati dall’alluvione – sommati alla crisi – non potevano essere più recuperati. A catena, l’economia intera di Barcellona Pozzo di Gotto ha subito un contraccolpo da cui si sta riprendendo lentamente. Il primo passo avanti è stato il pagamento delle ditte che hanno lavorato per tirar fuori la città dalla marea di fango: 22 milioni di euro, stanziati nel primo anno dell’ordinanza della Protezione civile, scaduta nel dicembre 2012.
“A due anni di distanza dall’alluvione si sono realizzati diversi interventi, ma molto resta da fare”. Esordisce così Maria Teresa Collica, intervistata dal QdS. Il sindaco, eletta nel maggio 2012, è in prima linea per tutelare i suoi cittadini. “Oltre al pagamento delle ditte – prosegue – si è riusciti a erogare un contributo per le persone che sono rimaste fuori dagli alloggi grazie a un’integrazione delle somme disposta dalla Regione. Il problema rimarrà dal 31 dicembre in poi, perché ancora non sono stati superati gli ostacoli che impediscono il rientro nelle proprie abitazioni delle 140 famiglie, a cui se ne aggiungono molte altre a Saponara”.
Non basta però perché le ricadute economiche non saranno mai sanate, almeno secondo quanto afferma Collica: “Dopo l’alluvione è cambiata la normativa della Protezione civile. Mentre prima era previsto un risarcimento dei danni ai privati (compresi commercianti e aziende), tutto questo è venuto meno. Solo a Barcellona, ammontano a 35 milioni di euro. È tragico, perché non c’è nessuna speranza di risarcimento per loro.
A questo bisogna aggiungere i 30 milioni di euro necessari per la riqualificazione e gli interventi infrastrutturali: al Comune ne sono stati riconosciuti solo 6 milioni, che ancora lo Stato deve trasferire”.
“Nel frattempo – afferma ancora il sindaco – la Protezione civile ha avocato a sé la progettazione per il futuro e quindi si cercherà di accelerare, una volta esaurita la prima fase di pagamento delle ditte”.

La cura dei terreni agricoli è la migliore prevenzione
BARCELLONA PDG (ME) – I prossimi passi sono quelli fondamentali: purtroppo il rischio idrogeologico non si risolve con interventi tampone e per di più con pochissimi fondi a disposizione. La prevenzione è l’unica strada percorribile senza un esborso improponibile.
“Un aiuto – ha spiegato il sindaco Maria Teresa Collica – è venuto dalla convenzione che Regione, Esa e Protezione civile hanno stipulato per impiegare i lavoratori dell’Esa nella pulizia degli argini, dei torrenti e dei terreni agricoli della zona. L’intervento ha consentito agli agricoltori di poter curare nuovamente i propri terreni e quindi procedere nella prevenzione”. Il 22 novembre, a due anni esatti dall’alluvione, è stato organizzato anche un convegno ad hoc: “Abbiamo posto al centro – prosegue Collica – il problema del rischio ambientale e l’agricoltura come strumento per ricominciare. Vogliamo far tesoro di quanto accaduto per intraprendere una giusta rotta: la difesa del territorio, anche attraverso il programma di Sviluppo rurale. Cercheremo di evitare di perdere i soldi nella prossima programmazione europea, come avvenuto in passato. Da più di un anno abbiamo realizzato un tavolo tecnico che porta alla luce i problemi per risolverli, mettendo insieme tutte le parti in causa. Spesso è un problema di competenze, non c’è un coordinamento”.
Il coordinamento dovrebbe essere anche della Protezione civile e si sta studiando un piano di messa in sicurezza insieme ai Comuni del comprensorio. “È importante pianificare – conclude Collica –, ma servono risorse. La richiesta delle Regioni è di 45 miliardi di euro, ma in una delle versioni della legge di Stabilità paradossalmente ne sono stati destinati appena 30 milioni…”.