Sicilia, tessuto produttivo frammentario

PALERMO – In uno scenario economico internazionale ancora caratterizzato dal permanere della crisi, le prospettive del nostro Paese appaiono più incerte sia a causa degli handicap accumulati nel tempo, in termini di  debito pubblico e divari di competitività, sia a causa della cronica mancanza di risorse immediatamente  disponibili per porre in essere adeguati e consistenti interventi di sostegno all’ economia.
In Sicilia, la situazione appare ancora più grave per via di alcune peculiarità del contesto socio economico isolano. In primo luogo, va evidenziato come i fattori che finora hanno attenuato le conseguenze della recessione  internazionale e nazionale, ovvero il maggior peso della sfera pubblica e la minore dipendenza delle produzioni dalla domanda estera, sono andati  progressivamente scemando, mentre inizia a pesare sempre più la maggiore fragilità del tessuto produttivo locale, composto prevalentemente da Imprese giovani, piccole, sottopatrimonializzate, spesso sub fornitrici di grandi gruppi centrosettentrionali.
Ancora, un ulteriore elemento di criticità è riscontrabile nelle gravi difficoltà finanziarie e di bilancio dello Stato, della Regione e degli enti locali, che causano consistenti  tagli alle spese correnti ed agli investimenti, oltre a determinare crescenti ritardi nei pagamenti da parte del settore pubblico. Quest’ultimo aspetto è ulteriormente complicato dalle inefficienze nell’utilizzo dei fondi europei. In un sistema in cui la finanza pubblica è ancora il pilastro centrale dell’economia, questa perversa catena si chiude con l’inevitabile allungamento dei tempi di pagamento dei privati.
Cresce la disoccupazione, crollano i consumi, si accentua la flessione degli investimenti, continua la crisi del comparto manifatturiero (l’inchiesta Isae   evidenzia che a giugno 2009 sono in forte aumento le scorte a fronte di un minimale aumento degli ordini), continua la stagnazione delle costruzioni. In base a questi elementi si può ipotizzare una caduta della produzione regionale nel corrente anno vicina al 6%, ben più forte rispetto alla media Ue ed a quella delle restanti regioni centrosettentrionali d’Italia, che dovrebbe attestarsi attorno al 4,5%.
Anche sul versante del finanziamento dell’economia le cose non vanno bene per la Sicilia: il credit crunch sta incidendo in modo particolarmente pesante nell’Isola: a giugno 2009, secondo i dati della Banca d’Italia, i prestiti alle imprese sono diminuiti dello 0,3% a fronte di un aumento  a livello nazionale pari all’1,6%. La penalizzazione maggiore è a carico delle imprese di minore dimensione, che costituiscono la struttura portante del tessuto produttivo regionale.
Va rilevato che tale compressione è  in parte imputabile agli standard più stringenti applicati dalle banche ed all’aumentato prezzo del rischio, ma, in misura maggiore – ed è questo l’aspetto più preoccupante – essa è indotta dal progressivo deterioramento qualitativo e, soprattutto, quantitativo  della domanda di credito. è come se si fosse innescato un  “effetto scoraggiamento” dell’ imprenditoria isolana, che ne riduce ulteriormente la già limitata capacità di proporre progetti imprenditoriali, sia nuove iniziative che ampliamenti, oggettivamente affidabili. Evidentemente su questo effetto scoraggiamento incide pesantemente il progressivo ingolfamento della spesa degli enti statali, regionali e locali: nell’Isola è ancora eccessivo il peso delle iniziative imprenditoriali legate direttamente o indirettamente, alle risorse pubbliche e parapubbliche.