In questo ultimo editoriale dell’anno (3.748°), intendo soffermarmi brevemente sul titolo indicato: La funzione sociale dell’informazione. Come fanno i cittadini a capire cosa accade? E soprattutto come fanno a capire quali siano le cause degli effetti che vedono ogni giorno? Chi siano i responsabili di quegli effetti, nel bene e nel male?
I giornalisti, dunque, hanno la primaria responsabilità di spiegare in modo semplice gli eventi, così chi ascolta o chi legge è in condizione di farsi una propria opinione e di comportarsi di conseguenza.
Non basta, i cittadini dal loro canto, debbono essere parte attiva dell’informazione. Non solo riceverla, ma andarsela a cercare. Dove? Sulla carta stampata in primis, che mantiene inalterato il suo fascino e la sua utilità perché resta nelle case, nei salotti, negli studi professionali, nelle imprese, nelle pubbliche amministrazioni. E poi nei siti web e in quei canali radiotelevisivi che la riproducono 24 ore su 24.
Questo può sembrare noioso, ma non si diventa bravi cittadini se non si è consapevoli di quello che accade intorno a sé e se non si individuano i responsabili della Cosa pubblica, ma anche i lobbisti e tutti gli altri che fanno muovere le cose in vicende spesso poco commendevoli.
Con oggi, anche il 2013 se ne va. Crediamo che il 2014 sarà migliore di questo, anche per la elementare ragione che peggio dell’anno che muore è difficile che ve ne sia un altro.
Tutto il Paese è in condizioni di imbarcarsi sul treno della ripresa, a patto che si facciano, nei prossimi sei mesi, le riforme indispensabili a mettere in moto l’economia, destinandovi adeguate risorse.
Da dove prenderle, visto che il perimetro della spesa pubblica è invalicabile? La risposta ormai è sulla bocca di tutti: tagliare i privilegi di corporazioni e caste, che per molti decenni hanno consumato indebitamente risorse pubbliche. Ogni casta che subirà i tagli dirà sempre che essi debbano partire da altre caste. Ognuna di esse si lamenterà così di essere penalizzata.
Quale deve essere il metro che fa capire cosa è lecito tagliare e cosa no? La risposta è limpida: l’interesse generale. Per ogni taglio, occorre porsi la domanda: la spesa serve l’interesse particolare o quello generale? La risposta sarà evidente e senza equivoci.
Auguri!