Debiti Pa, bomba a orologeria per lo Stato

PALERMO – Non si parla mai abbastanza dei tanti suicidi tra gli imprenditori da quand’è iniziata la crisi: troppe persone che sono state schiacciate dal peso dei debiti accumulati da quando le commesse sono diminuite e, soprattutto, da quando i fornitori hanno iniziato a ritardare con i pagamenti. Ciò che stupisce è che tra i fornitori morosi ci siano anche lo Stato e gli Enti locali, che nel corso degli ultimi anni hanno accumulato debiti enormi, pari a circa 100 miliardi di euro.
Il governo di Enrico Letta, appena caduto, ha tentato di porvi una pezza con il decreto legge 145 del 23 dicembre scorso. Il “Destinazione Italia” è passato dalla Camera ed è stato approvato mercoledì dal Senato così com’era, in tempi strettissimi. La nuova legge prevede la sospensione delle cartelle esattoriali di chi ha allo stesso tempo crediti nei confronti dello Stato e debiti (in misura inferiore) nei confronti dell’erario; la norma è stata poi limitata al 2014, con l’obbligo di certificare questi crediti e di rispettare gli equilibri della finanza pubblica. Quindi se la situazione dei conti italiani non tornerà normale ci sarà ben poco da festeggiare. In più, la norma sarà attuata solo dopo un decreto del ministero dell’Economia, “da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore” della legge.
I tempi, tuttavia, sono stretti anche a causa dell’iter per la procedura d’infrazione avviata a inizio mese dalla Commissione europea. Il commissario all’industria, l’italiano Antonio Tajani, l’ha promossa per l’infrazione della direttiva 2011/7/UE (lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), per di più recepita dal Dlgs 192/2012. Entro metà marzo (a cinque settimane dall’avvio dell’iter) il Governo dovrà fornire una risposta che sarà valutata dall’esecutivo Ue a Bruxelles.
Il problema, se l’Ue non dovesse ritenere soddisfacente la risposta (probabile visto che i 28 Paesi Ue pagano i fornitori, in media, in 61 giorni, mentre da noi si può arrivare anche a 210 giorni), è che potrebbero essere applicate delle sanzioni salatissime che aggraverebbero ulteriormente la situazione. È un cane che si morde la coda.
La soluzione potrebbe essere il pagamento di 48 miliardi di euro di debiti della Pa di cui il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, la settimana scorsa a Torino: “Stiamo finalmente raccogliendo i frutti – ha osservato –. Il Mef ha messo a disposizione delle imprese i 48 miliardi che avevamo richiesto, di cui oltre 27 miliardi già nel 2013 (di cui ne sono stati erogati circa 22). Va ora completato il processo di saldo del debito e scongiurato il rischio che nuovi ritardi della PA determino un nuovo stock di debiti scaduti”.
La Regione Sicilia, pochi giorni fa, ha ricevuto una lettera dal ministro Fabrizio Saccomanni proprio su questo tema: i Dl 35 e 102/2013 hanno infatti sbloccato i 27 miliardi di cui parlava Squinzi (800 milioni per la Sicilia), ma non hanno ancora trovato un riscontro pratico nell’Isola. È stato quindi richiesto un incontro con Crocetta per poter verificare lo stato dei pagamenti e perché ancora ve ne siano in sospeso.
 

 
L’approfondimento. Le ragioni del commissario Tajani
 
BRUXELLES (Belgio) – “Non ho un intento punitivo – ha dichiarato il commissario all’industria Antonio Tajani –, ho aspettato un anno e un mese ma la situazione anziché migliorare è addirittura peggiorata. In nessun altro Paese i rapporti degli advisor sono stati così negativi. Se l’Italia è in grado di dimostrare entro cinque settimane la non violazione della direttiva, non ho problemi a chiudere la procedura”.
“Non voglio polemizzare con nessuno – ha proseguito Tajani, riferendosi a dichiarazioni dal Mef sulla diminuzione dei tempi di pagamenti –, dico solo che c’è stato un calo minimo dei pagamenti dei debiti pregressi, poi però ci sono i nuovi pagamenti da fare. Ho ricevuto ben due rapporti indipendenti da Ance oggi e venerdì scorso da Confartigianato che ha elaborato la sua ricerca su dati del Mef. Sono due rapporti indipendenti cui si aggiunge quello di Assobiomedica”. Secondo questi rapporti, il debito accumulato sarebbe vicino ai 100 miliardi di euro.
Scadute le cinque settimane, se l’esecutivo europeo non riterrà le risposte soddisfacenti, si avvierà la messa in mora dell’Italia. In seguito sarà fornito un parere motivato, chiedendo allo Stato membro di porre fine all’infrazione entro un dato termine. I passi successivi sono un eventuale ricorso alla Corte di giustizia e le sanzioni pecuniarie.
 


Anche la Corte dei Conti interviene sulle coperture finanziarie della Pa
 
ROMA – Nella “Relazione quadrimestrale sulla tipologia delle coperture finanziarie adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri”, pubblicata mercoledì dalla Corte dei Conti, non si parla del Dl 145/2013, ma si fa più volte riferimento ai pagamenti della Pa nei confronti delle imprese.
Secondo la Corte, l’accelerazione dei pagamenti della Pa non sembra aver dato un particolare impulso all’economia né lascia molti spazi di manovra per la crescita. È infatti servito al risanamento delle posizioni debitorie pregresse (è ovviamente riferito a servizi già resi) e quindi non guarda al futuro.
Nella relazione si parla molto dell’azione di revisione della spesa portata avanti dal commissario Carlo Cottarelli, commissario straordinario per la spending review, ma anche dell’aggiornamento del Documento economico e finanziario del Governo, le cui stime di crescita per il medio termine sono state riviste proprio sperando negli “effetti espansivi attribuiti al decreto di sblocco dei pagamenti della Pa”. È comunque una speranza.
 

 
Effetto domino: se la Pa non paga ritardano anche le imprese private nel pagamento di dipendenti e fornitori
 
PALERMO – I ritardi nei pagamenti, tuttavia, non possono essere interamente ascritti solo alla Pa. Uno studio di Cribis D&B (società che fornisce informazioni alle imprese) ha evidenziato che solo il 24,2 per cento delle imprese siciliane è puntuale nel saldare le fatture; i ritardatari fino a 30 giorni sono quasi la metà (il 47,4%), mentre superano il mese di ritardo il 28,4 per cento delle imprese censite.
I dati, che si riferiscono al terzo trimestre 2013, indicano che le imprese siciliane sono le più ritardatarie d’Italia. La media è inferiore a quella delle regioni del Sud e Isole (27,6% di imprese puntuali) sia alla media italiana (39,6%). Sul territorio nazionale, solo il 15,3 per cento delle imprese paga con un ritardo oltre il mese. Il problema più grave rilevato da Cribis D&B è che dal 2010 al 2013 l’incremento dei ritardi è pari al 170 per cento, mentre la diminuzione della puntualità è del 14,5 per cento.
Nel dettaglio per province, Ragusa è più virtuosa: il 27,4% delle imprese è puntuale. In seconda posizione si colloca Trapani (27,3% di imprese puntuali), seguita da Enna (25,9%). Il podio dei ritardatari è occupato da Caltanissetta (34,8% delle fatture saldate oltre i 30 giorni), seguita da Agrigento (30,9%) e Palermo (29%).
Le micro imprese sono le più puntuali (25,1% di pagamenti alla scadenza), seguite dalle piccole (20,9%), medie (16,4%) e infine dalle grandi imprese, con solo l’11,7% di pagamenti regolari. L’edilizia e l’industria e produzione sono i due settori che registrano i pagamenti più lenti (solo il 19,7% e il 18,7% delle fatture sono puntuali), mentre il comparto che ha i dati migliori è quello dei servizi finanziari (52,9%).
“Continua – ha spiegato l’ad di Cribis D&B, Marco Preti – il processo di istituzionalizzazione dei ritardi nei pagamenti commerciali, cioè la trasformazione dei ritardi in termini contrattuali: le imprese non vogliono perdere clienti e fatturato e quindi concedono qualcosa nei termini di pagamento. Inoltre, alcune imprese non riescono più a stare sul mercato e ritardano il saldo delle fatture. Nonostante alcuni segnali di timido miglioramento, non bisogna abbassare la guardia perché rimane rilevante il numero di imprese che non onorano gli impegni entro i termini contrattuali”.