Con la crisi i siciliani rinunciano alla cultura

CATANIA – Anche la cultura va in crisi. Nella spending review le famiglie preferiscono rinunciare a cinema, teatro e spettacoli musicali. Un settore, quello culturale, che deve fare i conti con la crisi economica.
A mettere nero su bianco lo stato generale della fruizione dell’arte ci pensa l’Istat. I dati 2013 mostrano come anche in Sicilia l’arte è sacrificata sull’altare di un’economia in pieno budget.
I siciliani che da 6 anni in su hanno visto uno spettacolo di musica classica l’anno scorso sono stati poco più del 5,4 per cento contro il 15,9 per cento degli abitanti di Bolzano.
Nell’Isola, il dato più alto della fruizione culturale è quello del cinema, con un 41,8% di biglietti staccati nel 2013. Anche questo però è un dato sotto la media italiana che si aggira intorno al 47 per cento.
Musei vuoti in Sicilia con il 14 per cento di visitatori per musei e mostre contro la percentuale del 39 per cento a Bolzano. Soffre anche il teatro siciliano, fruito anche qui da un 14 per cento e i siti archeologici, visitati da un 9 per cento.
Tutta colpa della crisi? Sicuramente no. Altre sono le ragioni. Amare l’arte pare non sia più di moda.
Sempre secondo l’Istat, l’anno scorso solo 25 persone su 100 hanno messo piede in una galleria almeno una volta. Nel 2010 erano 30. Nel 2012 tutti i musei statali hanno perso tre milioni e mezzo di visitatori, sono stati soprattutto quelli a ingresso gratuito a soffrire. Pinacoteche e gallerie a costo zero, che non incidono sul portafoglio, hanno registrato l’andamento peggiore: dopo anni di crescita, tangibile, fra il 2009 e il 2011, quando la crisi, in teoria, era già galoppante, hanno perso da soli il 17,4 per cento dei visitatori, ovvero quasi due milioni e mezzo di persone che hanno rinunciato a scoprirli, anche se per farlo non avrebbero speso un centesimo. In poche parole, le esposizioni a pagamento hanno perso (solo) il cinque per cento del pubblico. Tanto che alla fine, dal 2011 a oggi, gli introiti delle grandi e piccole collezioni d’arte statali sono pure aumentati di un poco, passando da 110 a 113 milioni di euro. Continuando a attrarre, però, sempre meno persone.
 
Ad interessarsi sempre meno all’arte, in un paese come il nostro dove il patrimonio culturale è fonte di ricchezza, non è solo il Sud ma anche il Nord-Est, che da solo ha perso quasi il 40 per cento dei visitatori, pur riuscendo a far aumentare gli incassi. L’unica regione che continua a registrare incassi soddisfacenti è il Lazio. Qui reggono i numeri del pubblico di una volta, e non solo per quanto riguarda le mostre. Dalle parti di Roma infatti si sente meno la crisi anche per le altre attrazioni: cinema, concerti, teatro.
In Italia, a teatro, ci andavano 21 adulti su 100, nel 2009. Nel 2013 poco più di 18. Non fa presa come una volta neanche la musica pop, rock, elettronica. Per non parlare del cinema che piaceva al 52,7 per cento degli italiani nel 2011 mentre oggi attrae meno che la metà. Forse per colpa di computer e tv in casa con effetto cinema. In crisi anche il budget statale destinato alla cultura.
I fondi del ministero per i Beni culturali in dieci anni sono stati ridotti di quasi un miliardo di euro.
E per il triennio 2014-2016 si prevedono nuovi tagli da almeno 100 milioni di euro.
 


Anche gli spettacoli sportivi perdono spettatori
 
Anche lo sport, che gli italiani amano, è stato sacrificato nell’altare del risparmio. I siciliani che lo scorso anno hanno assistito ad uno spettacolo sportivo sono stati poco più del 20 per cento contro la media italiana del 24 per cento. Anche le discoteche non hanno più il fascino di una volta. In Sicilia soltanto il 18 per cento si è recato nel 2013. Per la cultura insomma, il 2013 è stato un annus horribilis. Crisi ed abitudini che cambiano, mostrano una fotografia di un Paese che per necessità oppure per propria volontà ama divertirsi in un altro modo. Magari rinunciando ad uno spettacolo teatrale al posto della passeggiata al centro commerciale. Oppure perché andare al cinema se il film lo si può vedere comodamente da casa? La cultura non fa più parte delle abitudini familiari e il disinteresse cresce a dismisura.