Obbligo di avere conto corrente per lo stipendio: incostituzionale

CATANIA – La norma che obbliga pensionati, consumatori e lavoratori italiani all’apertura di un conto corrente bancario per poter ricevere l’accredito di stipendi e pensione che hanno un ammontare superiore ai 1000 euro è stato bocciato dalla Corte costituzionale. Il problema della probabile incostituzionalità era stato sollevato alcuni mesi fa da numerose associazioni di categoria. Le istanze sono state accolte.
La Consulta ha riscontrato numerosi problemi nell’articolo di legge inserito all’interno del pacchetto “Salva Italia”. Non ultimo il fatto che un lavoratore o un pensionato italiano ha il diritto di scegliere il conto corrente che preferisce fra i vari prodotti. Il punto più controverso però riguarda l’articolo 12, ovvero la parte in cui il Legislatore impone l’obbligo di apertura di conto corrente per chiunque riceva una busta paga, stipendio o pensione, per più di 1.000 euro. Il provvedimento preso per contrastare l’evasione fiscale, non tiene dunque conto del fatto che ogni cittadino è libero di scegliere un conto corrente conveniente, online o tradizionale, e allo stesso tempo è libero di non depositare i propri risparmi da nessuna parte. È libero anche di tenere i propri soldi sotto il proverbiale materasso, nutrendo magari scarsa fiducia nei confronti delle banche.
Oltre che ledere le condizioni di libera scelta dei consumatori poi, la norma esporrebbe i contribuenti al rischio di pignoramento di stipendio e pensione in caso di debiti. Un po’ come succede negli Stati Uniti, dove lo stato è libero di entrare nel conto dei cittadini morosi. Attualmente, in Italia il limite di pignorabilità su stipendi e pensioni è fissato a massimo un quinto dell’importo e ogni prelievo deve avvenire solo ed esclusivamente sulla fonte del reddito, ovvero da parte di ente previdenziale o datore di lavoro. Ma con l’obbligo di conto corrente per i lavoratori o pensionati questo limite di controllo sui pignoramenti corre il rischio di venire meno perché i soldi verrebbero prelevati, legalmente, dal conto e non dalla fonte primaria.
Si sarebbe trattato dunque dell’ennesima beffa nei confronti dei consumatori e un assist a banche e finanziarie, insomma, che, appellandosi a questo cavillo legale, avrebbero potuto mettere mano ai conti dei debitori per esempio per prestiti o mutui. Per fortuna questa volta la Suprema corte è venuta incontro ai cittadini. Chi dovesse aver subito il pignoramento dei propri soldi sul conto corrente può adesso pensare di rivolgersi al tribunale per ottenere un rimborso.