Ue, Italia fanalino: 119 procedure d’infrazione

I quotidiani vanno riportando episodicamente notizie sullo stadio delle diverse procedure d’infrazione aperte dall’Ue nei confronti dell’Italia. Le televisioni non ne parlano neanche nei loro spazi di dibattito: un silenzio assordante.
Il non allineamento a direttive e regolamenti europei, da parte dell’Italia, è il sintomo di un’irresponsabilità diffusa nelle istituzioni che non hanno la capacità di agire nell’interesse dei cittadini.
Sono ben centodiciannove le procedure aperte, al 20 febbraio 2014, nelle materie più diverse, il cui elenco lo trovate nell’inchiesta pubblicata oggi. In questo commento desideriamo evidenziare che ben 22 di tali procedure riguardano l’ambiente, 17 i trasporti, 13 fiscalità e dogane, 5 la giustizia.
Fra esse non è ancora indicata la procedura d’infrazione relativa agli ottanta miliardi di debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese, che scatterà in questo stesso mese, come ha già annunciato il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani.

Il governo Renzi ha l’obbligo di comunicare entro il 10 marzo le giustificazioni relative alla non attuazione della direttiva 7/11, recepita con Decreto legislativo n. 192/2012 già in vigore dall’1 gennaio 2013, con la quale le pubbliche amministrazioni hanno l’obbligo di pagare le fatture entro trenta giorni, comprese quelle in sofferenza al 31/12/2013. Verosimilmente tali giustificazioni non saranno ritenute valide per cui le conseguenze saranno ovvie.
Un altro versante su cui sono puntati gli strali dell’Unione riguarda la corruzione, stimata comunemente in oltre 70 miliardi: un cancro che dilaga perché le pubbliche amministrazioni non hanno al loro interno gli anticorpi che dovrebbero contrastare e debellare la corruzione stessa, la quale si espande per la mancanza di trasparenza con la nebbia che consente di dire a qualche amministratore pubblico di avere le mani pulite, sol perchè indossa i guanti.
Un’altra contestazione all’Italia riguarda la mancanza di concorrenza e gli aiuti di stato mascherati da sostegni. Sono due punti che danneggiano il sistema economico.
 

Infatti, chi compete non deve avere le pietre nelle tasche, nè trovarsi a confrontare con chi si è iniettato gli anabolizzanti. Chi distorce il mercato, in Italia, sono le partecipate pubbliche, perchè agiscono in regime di monopolio, e i gruppi industriali o commerciali che spesso si riuniscono in cartelli diversi.
Pensiamo ad assicurazioni e banche o a imprese che monopolizzano gli appalti pubblici o, notizia di questi giorni, industrie farmaceutiche multinazionali (Novartis e Roche) che impediscono la diffusione di farmaci generici. Tutto ciò in danno dei cittadini, soprattutto quelli più deboli che non sanno neanche quanto viene ordito alle loro spalle.
Altra contestazione riguarda la giustizia. Non è possibile che un processo mediamente si concluda in oltre tremila giorni. La Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) ha dato un termine ultimo all’Italia, il 24 maggio 2014, oltre il quale accoglierà in massa tutti i ricorsi presentati dai cittadini italiani per ottenere i risarcimenti: centinaia di milioni di euro.

Il primo presidente della Corte di Cassazione, Giorgio Santacroce, nella sua relazione in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario 2014, ha comunicato che vi sono oltre nove milioni di processi pendenti (5,5 civili e 3,7 penali). Proprio in quest’ultimo versante, l’anomalia piu grande è che vi sono oltre diecimila detenuti in attesa di giudizio che, secondo la Costituzione, sono innocenti in assenza di una sentenza definitiva.
I vari governi hanno tentato più volte di riformare i processi e, per ultimo, ha promesso che lo farà Matteo Renzi nel prossimo mese di giugno. Staremo a vedere se riuscirà a portare alla ragione le diverse corporazioni che vivono sul detto relativo al processo: “Più pende, più rende”. Ci si augura che Renzi sia di parola ed intervenga dove nessuno dei suoi predecessori è stato capace.
Un ultimo settore vogliamo evidenziare. La procedura d’infrazione per l’ambiente. l’Italia è indietro anni luce perché non ha messo in moto tutte le riforme relative alla normalizzazione di aree inquinate, alle depurazioni dei residui ed all’utilizzazione energetica degli Rsu.