Esportazioni, crolla il raffinato, ovviamente la Sicilia precipita

PALERMO – L’Istat ha fatto i conti delle esportazioni italiane dell’ultimo trimestre del 2013 e valutato la tendenza generale tra gennaio e dicembre. A trainare la carretta Italia verso la sostanziale stazionarietà rispetto all’anno precedente sono sempre i beni delle regioni del nord che compensano i risultati negativi delle regioni meridionali e insulari. A incidere nel quadro delle esportazioni siciliane anche il crollo del comparto della raffinazione, settore trainante dell’intera economia isolana, e un apparato infrastrutturale assolutamente inadeguato rispetto al resto del paese.
“Nel quarto trimestre del 2013, rispetto ai tre mesi precedenti, le vendite di beni sui mercati esteri risultano in diminuzione per l’Italia nord-occidentale (-1,0%), nord-orientale e centrale (-0,6% per entrambe), mentre le regioni meridionali e insulari conseguono una rilevante espansione (+4,1%)”. Lo scrive l’Istat nel rapporto “Le esportazioni delle regioni italiane”, precisando che nell’intero anno 2013 la sostanziale stazionarietà dell’export nazionale (-0,1%) è la sintesi di dinamiche territoriali divergenti. La crescita più importante si registra nell’Italia nord-occidentale (+2,4%) cui segue, in misura meno intensa, l’incremento delle vendite all’estero della ripartizione nord-occidentale (+0,6%). In netta contrazione sono invece le vendite delle regioni dell’Italia insulare (-15,0%) e meridionale (-4,1%), in debole calo quelle dell’Italia centrale (-0,7%). Non si ferma la crisi della raffinazione. Al netto dei prodotti petroliferi raffinati, la flessione registrata per l’export delle regioni dell’Italia insulare e meridionale, si riduce nel complesso di 5,5 punti percentuali, passando da -8,7% a -3,2%.
Sicilia regina dell’immobilismo. I prodotti isolani faticano a trovare spazio nei mercati stranieri, ottenendo un dato che crolla a picco. Le regioni che contribuiscono a frenare l’espansione dell’export nazionale nel 2013 sono Sicilia (-14,8%), Toscana (-3,6%), Sardegna (-15,5%), Puglia (-10,4%) e Liguria (-6,2%). Tra quelle che forniscono invece un contributo positivo si segnalano Piemonte (+3,8%), Veneto (+2,8%), Emilia-Romagna (+2,6%) e Marche (+12,3%). La Sicilia non è attraente nemmeno fuori dall’Europa. “Per quanto concerne la dinamica dell’export nazionale verso i mercati extra Ue (+1,3%), le regioni che determinano in misura più significativa questo risultato sono: Emilia-Romagna (+6,4%), Piemonte (+8,2%), Veneto (+5,6%) e Marche (+10,6%), mentre si rileva una diminuzione dell’export importante verso quest’area di interscambio per Sicilia (-10,2%), Toscana (-3,1%) e Lazio (-6,6%)”.
L’analisi congiunta per settore e regione di provenienza della merce, svolta considerando anche il loro contributo alla variazione complessiva delle esportazioni nazionali, mostra nel 2013 forti decrementi delle vendite all’estero di metalli di base e prodotti in metallo, esclusi macchine e impianti da Toscana (-40,3%), Lombardia (-4,9%) e Piemonte (-13,5%) e di coke e prodotti petroliferi raffinati da Sicilia (-22,0%), Sardegna (-16,3%) e Lazio (-50,4%).
A livello provinciale c’è soltanto una segnalazione isolana, che è direttamente correlata col sistema della raffinazione e il suo declino. La situazione di Siracusa racchiude una duplice valenza perché la sua crisi è quella della grande industria della raffinazione isolana che continua ancora a gestire il 40% degli idrocarburi nazionali. Tuttavia il polo aretuseo, ex sovrano del petrolio, è considerato alla stregua delle province che contribuiscono in maniera decisiva nella contrazione dell’export nazionale. Siracusa ha fatto registrare un dato pari al -20,2%, superato, in negativo, soltanto da Taranto, segnata dalla crisi dell’Ilva, Terni, devasta da una complessa crisi industriale, e Arezzo.