Tratta di uomini, ecco la rete di protezione egiziana

Li chiamano scafisti, un’accezione che di fatto ha assunto un altro termine, ben più grave, ossia quello di schiavisti. Dalle coste del Nord Africa, una banda di egiziani – organizzati come fossero un’agenzia di viaggi, specializzata nel vendere incubi travestiti da sogni – traghettava le anime in cerca di condizioni di vita migliori dalle sponde del Continente nero “all’America”, quella siciliana si intende.
 
Le Questure di Siracusa e Catania, coordinate dal servizio operativo con sede a Roma, hanno eseguito ordinanze di custodie cautelari in carcere per 10 indagati. Si tratta di un’inchiesta che attraversa tutto il Paese, e il tintinnio di manette risuona dalla Città di Archimede fino alle falde dell’Etna, da Milano a Como, da Anzio (Roma) ad Andria, in provincia di Bari.
“Associazione per delinquere finalizzata a favorire l’ingresso e la permanenza irregolare sul territorio italiano ed europeo di stranieri”: è questo il reato ipotizzato dal Gip di Catania.
 
Si tratta, dicono gli inquirenti, di una vera e propria rete criminale di cittadini egiziani, un network euro-mediterraneo che fornisce assistenza logistica ai connazionali e ai siriani, in fuga da fame e guerra civile, sbarcati sulle coste sicule baciate dal mar Ionio.
Il pacchetto di assistenza consiste nel fornire un nascondiglio ai fuggiaschi provenienti dai Centri di accoglienza o riusciti ad aggirare il sistema di identificazioni al momento dell’arrivo. Si tratta di rifugi di fortuna, per lo più case fatiscenti, da cui – dietro il pagamento di un compenso – gli “ospiti” vengono poi trasferiti verso altri lidi, solitamente un Paese del Nord-Europa.
 
L’associazione criminale, comunque, è più estesa di quanto si possa immaginare. Tanto che durante le indagini sono stati fermati altri 47 egiziani e sono state sequestrate tre “navi madre” utilizzate dai “trafficanti di uomini” per trasportare i migranti. La destinazione, però, non era mai la terra ferma, ma 150 miglia tra il mare e le coste italiane.
 
Centocinquanta miglia di paura, spesso e volentieri soffocate dall’oblio. Perché quest’ultimo pezzo di traversata – la distanza tra la vita e la morte – erano poi percorse per mezzo di imbarcazioni più piccole, fatiscenti, riempite a tappo come fossero buste della spesa. Ma dentro c’erano uomini.