Catania – Librino, realtà “sproporzionata” e lontanissima rispetto alla città

CATANIA – Da tempo il tema delle periferie interessa le amministrazioni, così come attualmente comincia ad interessare l’opinione pubblica. Comprendere che le zone lontane dalla città siano luoghi di risorsa e non semplicemente degli spazi distanti, è una consapevolezza che ha tramutato gli stessi spazi in territori su cui cade la “scommessa” della riqualificazione, operata dai gestori della città stessa. Quel che accade al Sud assume a riguardo dei connotati particolari. Il termine periferie è spesso associato a realtà di degrado, motivo per cui le amministrazioni sono costrette non solo ad investire sul territorio, ma a scommettersi esse stesse nell’attività di rilancio, obbligate a liberare le potenzialità nascoste proprio delle periferie. Il QdS ha affrontato il tema incontrando Igor Staglianò, giornalista Rai, conoscitore delle realtà periferiche d’Italia ed anche quelle del Sud, di Scampia a Napoli di Librino a Catania, al pari di quelle del Nord.
Staglianò che differenza c’è tra un periferia del Nord, del Centro e del Sud?
“Da quel che ho potuto registrare in periferie del Nord, come ad esempio quella di Torino, è già visibile da tempo una rigenerazione passata dalla dotazione di servizi sociali e l’unione con altri elementi. La società è già riuscita ad “impastarsi” anche con i nuovi arrivati, ossia gli immigrati. Al Centro il processo è invece iniziato dopo, ma è in cammino. È nato grazie alla riscoperta di un orgoglio di appartenenza ai luoghi; penso al caso di Tor Bella Monaca o anche a Scampia, dove è nato ad esempio un brand dal nome “made in Scampia”. A Sud, dallo Zen a Librino, a giudicare dai risultati tutto è da compiere”.
Che idea ha del quartiere catanese di Librino?
“Librino vive una situazione di separazione nonostante si trovi a pochi minuti dal centro della città. Questa separazione è provata, ad esempio, dal modo di dire che utilizzano gli abitanti del quartiere affermando di “andare a Catania” quando si spostano verso la città. Dimostrano di sentirsi un elemento differente, di sentirsi “da parte”. Vivono barricati in case spesso ben tenute, come quelle delle cooperative costruite nel quartiere, ma ciò accade all’interno di una realtà anch’essa contrastante, in cui non è possibile ritrovare la stessa cura negli alloggi popolari. Per strada si vedono pochi bambini, anch’essi chiusi nei centri di socialità che operano sul territorio, se non visibili solo nei luoghi appartati. Si vive una realtà totalmente sproporzionata rispetto quel che accade in città”.