I giovani e i meno giovani non devono stare sotto le gonne della mamma o della famiglia, che li rovina con uno stupido pietismo e non li fa crescere, facendoli restare immaturi. Giovani e meno giovani devono avere il coraggio di misurarsi con gli altri, di cadere e rialzarsi, di provarci e riprovarci, di non arrendersi mai.
Solo così possono crescere, essere competitivi perché chi più sa, più vale. Chi si getta nel mondo del lavoro deve autoeducarsi per sviluppare doti quali disciplina, sobrietà, rispetto per i terzi, educazione, tenacia, voglia di fare.
La paura non esiste, sosteneva il compianto maestro Claudio Abbado (1933-2014). La paura di perdere è un modo per perdere. Bisogna saper perdere, non sempre si può vincere, diceva una canzone dei Rokes nel 1967. Bisogna essere attrezzati mentalmente per affrontare le avversità senza paura, perché proprio la paura della paura infonde coraggio (ossimoro).
Potenzialmente, di lavoro ce n’è tanto. Non tutti devono andarlo a chiedere, possono inventarselo, utilizzando il proprio ingegno, la propria esperienza e lo spirito di osservazione.
Della Festa del lavoro (o della disoccupazione) abbiamo scritto qualche giorno fa, ma la eco non si è ancora spenta. Ci rincuora che due dei tre leader sindacali (Bonanni e Angeletti) hanno centrato il cuore della questione: supportare e promuovere le imprese, uniche che possono creare nuovo lavoro.
Perché questo accada, bisogna sgravarle dei nove/decimi di adempimenti, finanziare con adeguato credito i programmi di sviluppo, togliere i lacci nei rapporti di lavoro, eliminare l’odiosa tassa sul lavoro qual è l’Irap, diminuire l’Ires e i costi privilegiati almeno per i nuovi assunti.
In questo quadro, la politica economica del Governo e delle Regioni dovrebbe fortemente incentivare il lavoro autonomo e le fasce più alte di esso, cioè le start up (le nascenti iniziative) e le spin off (la trasformazione della ricerca universitaria in attività imprenditoriali mediante l’utilizzo dei brevetti).
Sono i brevetti il metro dell’innovazione di un Paese. E per l’Italia il metro è corto.