Regione: elemosine a 60 mila privilegiati

L’Assemblea regionale, nella “manovrina” da 233 mln € (ieri in parte impugnata dal Commissario dello Stato), ha inserito l’ennesimo provvedimento clientelare che distribuisce denaro a 60 mila privilegiati perché raccomandati, come fosse un’elemosina. Perché di questo si tratta. Infatti, di tutti costoro, le Pubbliche amministrazioni siciliane non hanno alcun bisogno. Alcuni, in malafede, dicono che questi hanno lavorato e quindi c’è bisogno di loro. Falso.
Ogni amministrazione, per sapere esattamente di quali e quante figure professionali ha bisogno deve stendere il Piano aziendale, nel quale siano elencati puntualmente tutti i servizi che vanno erogati e, per ciascuno di essi, i soggetti che vi debbono lavorare, il cui numero deve essere ridotto all’essenziale. Dal Piano aziendale scaturisce il fabbisogno delle spese, ridotte all’osso per produrre gli stessi servizi.
Noi combattiamo le falsità e i privilegi da decenni, attirandoci contumelie, mail illeggibili per i contenuti e altre forme di ingiuste proteste. Mentre comprendiamo l’aspetto umano della vicenda, condanniamo senza appello il comportamento della Giunta e dell’Assemblea regionale, che continua a foraggiare i privilegiati perché raccomandati dimenticandosi dei 351 mila disoccupati (Istat dicembre 2013) che hanno gli stessi diritti dei primi.

Se Giunta e Ars volessero rispettare il principio secondo cui non ci sono figli e figliastri, né cittadini di prima fascia e di seconda fascia, dovrebbero distribuire soldi non solo ai 60 mila privilegiati perché raccomandati, ma anche a tutti i disoccupati, secondo la regola di equità che prevede di dare assistenza (o elemosina) a chi ne ha bisogno, senza distinzione fra privilegiati perché raccomandati e coloro che non hanno avuto Santi in Paradiso.
La questione è chiarissima: nessuno può barare sul tavolo dell’equità. La Politica si esercita nell’interesse di tutti i cittadini, non di una piccola parte di essi perché sono raccomandati. Chi dimentica questi valori etici non è degno di occupare i posti di responsabilità al vertice della Regione.
Affermiamo, assumendoci tutte le responsabilità, che il comportamento di burocrati e dipendenti dell’Ars, che non vogliono comunicare i loro emolumenti omnicomprensivi all’opinione pubblica, è indegno.

 
Altrettanto inqualificabile è il fatto che di fronte a 351 mila disoccupati vi siano pubblici funzionari che percepiscono anche 300 mila euro lordi l’anno e commessi che incassano 10 mila euro al mese, meno le tasse.
Il Bengodi è finito, le risorse da dilapidare anche. Giunta regionale e Ars devono capire che ogni euro disponibile va destinato esclusivamente a investimenti produttivi, ai cantieri e al cofinanziamento dei progetti già finanziati dall’Ue.
Solo così si crea il volano virtuoso, secondo cui le imprese, acquisendo commesse e vendendo più prodotti e servizi sul mercato, assumono i disoccupati, parte dei quali sono qualificati e hanno una grande voglia di lavorare.
Aggiungiamo per chiarezza che, invece, molti dei privilegiati perché raccomandati, che percepiscono l’elemosina regionale mensile, non hanno alcuna qualificazione e vengono mantenuti dalla collettività senza alcun merito.

La Sicilia appartiene ai siciliani, non a dei mentecatti che occupano posti di responsabilità senza alcuna responsabilità. Noi del QdS affermiamo a gran voce, seppure in modo pacato, che nei posti di responsabilità, politici e burocratici, debbono andarci persone che dell’onestà, della capacità e della professionalità fanno le loro bandiere: in altre parole i meritevoli che non abbiano scheletri negli armadi e per ciò stesso non siano ricattabili da una banda di ladroni, fra cui anche imprenditori e professionisti che con la corruzione hanno fatto la loro fortuna.
Per contro, occorre che i bravi imprenditori e le loro organizzazioni regionali e locali, i bravi professionisti e i loro Ordini regionali e locali, i sindacalisti e le loro organizzazioni regionali e locali, nonché i bravi dipendenti pubblici e privati facciano sistema e massa critica per depurare un tessuto politico e burocratico pubblico ammalato di corruzione e inefficienza, che danneggia quotidianamente la Sicilia.
I siciliani non ne possono più dei privilegi. Occorre tagliarli con il machete per crescere e dare occupazione vera.