In Italia, c’è bisogno di un giornalismo serio, che faccia inchieste, che la smetta di fare il magafono o il portatore di veline. Non è più accettabile che l’informazione e la comunicazione siano riproduzioni di altre fonti e non facciano il necessario vaglio e approfondimento per capire come stanno veramente le cose. Tanto che alcuni quotidiani tendono il bisogno di intitolare articoli e servizi con la definizione retroscena.
Ogni articolo e servizio deve partire dal retroscena. Per andarlo a trovare, bisogna consumare suole di scarpe e il dito per suonare i campanelli (come diceva Indro Montanelli). è vero che la rete digitale aiuta, ma se il giornalista ha il cervello addormentato non riuscirà a sapere cosa c’è sotto all’universo. In altre parole, scoprire le cause degli effetti che constatiamo.
Se tanti politicastri senzamestiere e burocrati corrotti hanno rovinato il nostro Paese, le maggiore responsabilità è della Classe Dirigente che ha consentito tutto questo senza esercitare un ferreo e drastico controllo su chi aveva ricevuto il mandato dei cittadini.
La vicenda del Ponte sembra una commedia di Georges Feydeau (1862-1921), nelle quali, com’è noto, i protagonisti entrano ed escono da porte diverse, creando situazioni equivoche, imbarazzanti e spesso esilaranti.
Il contratto fra lo Stato e i concessionari è firmato da anni. La società incaricata dell’operazione Stretto di Messina Spa è stata costituita nel 1981, ma solo per erogare emolumenti a politici trombati e a burocrati inutili. è costata già 300 milioni e in caso di risoluzione del contratto, il concessionario potrebbe avere riconosciuto un miliardo di danni.
La vicenda è insensata e andrebbe affrontata come è stato fatto per il Mose e l’Expo, cioè finanziando l’opera e facendola costruire, con ben ottomila posti di lavoro.
Gli oltre trecento parlamentari del Sud dovrebbero far sentire la loro voce. La Classe Dirigente dovrebbe far sentire la propria voce. Il tutto per rimettere sullo stesso piano Expo, Mose e Ponte.
Nulla è perduto, tutto si può recuperare, se c’è equità.