A quanto ammontano i fondi Ue 2014-2020 per la pesca? è già stato predisposto un programma di spesa?
“Ammontano a quasi 600 milioni di euro i fondi messi a disposizione dall’Unione europea attraverso il FEAMP 2014-2020, fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, più altri 400 milioni come cofinanziamento nazionale. Alla Sicilia spetterà il 20 per cento, potremmo, dunque, usufruire di 180/200 milioni di fondi, ma quello che conta sono le politiche che riesce a gestire la Regione attraverso le politiche transfrontaliere. Con la nuova programmazione vogliamo anche stabilire quali saranno le quote tonno del 2015, per noi l’obiettivo è che vengano assegnate alla pesca costiera artigianale e non più alla circuizione anche perché i pescatori pescano con un attrezzo che si chiama palangaro che è altamente selettivo e compatibile con l’ambiente”.
La pesca è stata penalizzata da alcune variabili esogene come il caro gasolio: i consumi energetici sono infatti i costi più rilevanti per questa attività e incidono per quasi il 60% sui costi complessivi di gestione dell’attività. Quali provvedimenti saranno inseriti nella nuova programmazione?
“Oggi abbiamo un costo altissimo pari a 0,70 euro, ovvero il costo medio internazionale per chilo di pesce, mentre 1,30 euro è il costo in Sicilia, il doppio rispetto alla media europea. Purtroppo non ci sono più risorse né regionali né comunitarie per risolvere l’annoso problema del caro gasolio. L’unica prospettiva viene dall’utilizzo dalle fonti energetiche alternative. Vi sono in corso delle sperimentazioni positive che hanno coinvolto anche il Ministero delle infrastrutture perché si tratta di adeguare i porti con gli specifici distributori capaci di abbatterebbe i costi energetici del 50%”.
Fra le strategie messe in campo dall’assessorato per il rilancio del settore anche l’individuazione di un marchio di qualità per il pescato siciliano.
“Il marchio di qualità può dare un vero rilancio al settore. Il progetto ‘Ricerca dei limiti ambientali, alieutici e di filiera allo sfruttamento del Gambero’ ha prodotto un disciplinare per la Dop del Gambero di Sicilia’ per ottenere, attraverso il processo di tracciabilità, dal peschereccio alla distribuzione, la cosiddetta ‘Certificazione di qualità ecologica del prodotto ittico’, riconosciuta dalla Fao. La stesura del disciplinare sul gambero Dop è stato completato, adesso si tratta soprattutto di far aderire le imprese. Il disciplinare riconosce la denominazione d’origine protetta per il gambero rosso, viola e rosa di Sicilia, ed è il risultato della ricerca sulla fattibilità commerciale del marchio ‘gambero del Canale di Sicilia’. La Regione ha sostenuto questa iniziativa per migliorare la qualità del pescato attraverso la tracciabilità e questo, oltre a tutelare i consumatori, aiuta il settore in termini di competitività del nostro prodotto sui mercati, anche internazionali. Ma la Dop sarà anche un marchio di qualità ambientale, a tutela degli ecosistemi e degli habitat marini sensibili”.
Si registrano segnali positivi nel settore della pesca artigianale e nell’acquacoltura, abbiamo imboccato la strada giusta?
“Sì, registriamo un’elevata professionalità e competenza tecnologica nelle 5 aziende di Acquacoltura operanti in Sicilia. Hanno incrementato la loro produzione, fino a circa 35 milioni di capi prodotti nella campagna 2013/2014, raggiungendo circa il 35% della produzione nazionale di avannotti di spigole ed orate. Di queste cinque aziende una gestisce anche un impianto in vasche di cemento a terra e un’avannotteria; un’altra dispone di un’avannotteria e due impianti di ingrasso in gabbie galleggianti; le restanti tre aziende sono dedite esclusivamente all’ingrasso di pesci in gabbie galleggianti. Nel 2013, le cinque aziende attive hanno prodotto circa 1.800-2.000 t di spigole ed orate, che ammontano a poco meno del 10% della produzione nazionale”.
Quali soluzioni immagina per i contenziosi sulla pesca nel Mediterraneo?
“I contenziosi verranno ridotti grazie al nuovo regolamento comunitario che prevede l’assemblamento della pesca agli affari marittimi. Da FEP, Fondo europeo della pesca, 2007-2013, siamo passati al FEAMP, fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, programmazione 2014-2020. Questo passaggio consente la regolamentazione di una serie di problematiche che riguardano i rapporti con i paesi transfrontalieri, alcuni di questi legati alla zona di pesca a sud-ovest di Lampedusa chiamato ‘Mammellone’. Il regolamento FEAMP, pubblicato il 15 maggio 2014, prevede la definizione delle aree comuni di pesca con i paesi transfrontalieri, Libia e Tunisia. L’Unione europea ha previsto, inoltre, che vengano valorizzate le zone marine a ripopolamento. Si punta ad una cogestione delle aree fra Italia, Libia e Tunisia principalmente quelle ove si pesca il gambero d’eccellenza. In questo modo ci sarebbe la possibilità di esercitare la pesca, di non avere più la guerra del pesce e consentire l’attività delle istituzioni scientifiche, come il CNR di Mazara del Vallo, dunque, l’osservatorio della pesca, che ha tutte le competenze specifiche per poter portare avanti il progetto della blue economy. Ecco, dunque, il ruolo strategico nel Mediterraneo svolto dalla Sicilia assieme all’Italia. Con il FEAMP è possibile inoltre regionalizzare ogni mare perché sono state riconosciute le sue specificità, a seconda delle coste, le misure terranno conto di queste diversità”.
Quali sono gli obiettivi dei GAC, Gruppi di azione costiera e quali i piani di sviluppo locale della pesca? Come mai si spenderanno solo ora i 22 milioni di euro previsti e sbloccati solo tra il 2013 e il 2014?
“Nei 1.600 km di costa siciliane vi sono una molteplicità di equilibri bio-marini. Per questo motivo, a differenza delle altre regioni d’Italia, che si limitano a pescare nell’Atlantico, la Sicilia attraverso la pesca artigianale possiede un pescato unico per la sua varietà e tipologia, differente a seconda delle aree interessate. Come le sarde di Sciacca, il pesce spada di Porticello o il pescato con arpione a Messina, dunque, sapori e identità differenti. Ecco dove sta la forza degli 11 GAC sparsi sull’Isola: i Gruppi di azione costiera hanno lo scopo di restituire un’identità alle coste e alla pesca attraverso le attività dell’indotto, ovvero, pescaturismo, ittiturismo, filiera corta e km zero. I Gac sono solo al primo ciclo, fermo restando il bando pubblicato nei primi mesi del 2012. I Comuni hanno impiegato un anno e mezzo per mettersi d’accordo a causa della mancanza di una esperienza ben precisa nel settore e ciò ha ostacolato il partenariato fra i comuni. Multifunzionalità e diversificazione della pesca non sono stati, dunque, immediatamente percepiti”.
Sarà possibile spendere tutti i 22 milioni di euro?
“Siamo fiduciosi, abbiamo pubblicato tutti i bandi che scadranno il 14 settembre. Progetti semplici di pescaturismo e ittiturismo, per esempio convertire le abitazioni dei pescatori e attrezzarle per l’ospitalità. I progetti puntano anche allo sviluppo della filiera corta e km zero dotazioni di mercati ittici per i diversi comuni, trasformazione artigianale”.