Caro Presidente, farò un’eccezione alla regola di darti del lei, perché le due questioni che seguono devo consegnartele per via breve. Ambedue sono state proposte dal ministro per la Pubblica amministrazione e l’Innovazione, Renato Brunetta.
La prima riguarda la trasformazione delle Province, da come in atto organizzate a Consorzi di Comuni. La seconda si riferisce all’istituzione delle tre faccine da applicare in tutti gli sportelli telematici dei dipendenti regionali (e comunali, perché no?) attraverso le quali i clienti (cittadini) possano esprimere la loro soddisfazione o insoddisfazione per i servizi ricevuti.
Brunetta ha capito che per attuare uno dei punti più importanti del programma dell’attuale maggioranza di centrodestra, cioè l’abolizione delle Province, avrebbe trovato un ostacolo insormontabile in Bossi, il quale difende a spada tratta questo ente per ragioni clientelari, in quanto consente “l’assorbimento” di migliaia e migliaia di galoppini politici eletti nei Consigli, oltre che presidenti e giunte.
Tutto l’apparato delle Province, così com’è ora, costa 13 miliardi di euro, quasi un punto del Pil; in Sicilia, secondo l’inchiesta pubblicata a pagina 10, costa quasi 900 mln di euro. E allora che cosa ha inventato Brunetta per mettere all’angolo Bossi? Un progetto, da realizzare con una legge ordinaria, che successivamente alle scadenze dei periodi delle attuali Province, anziché procedere a elezioni di tutto questo caravanserraglio, l’assemblea delle nove province sarà costituita dai sindaci dei Comuni della provincia stessa, mentre il sindaco del Comune capoluogo assumerà di diritto il ruolo di presidente.
L’occasione è ghiotta e credo che non dovresti lasciartela scappare, caro Raffaele, perché, forse per caso, Brunetta ha lanciato un progetto che è testualmente riprodotto nello Statuto regionale, precisamente all’art. 15, già in vigore da oltre 60 anni. Esso recita: “L’ordinamento degli enti locali si basa (…) sui Comuni e sui liberi Consorzi comunali, dotati della più ampia autonomia amministrativa e finanziaria”.
L’infausta l.r. 9/86, che istituì le attuali Province, potrebbe essere modificata secondo quanto precede, in tempi rapidissimi, di modo che la Sicilia sarebbe la prima ad attuare non già una riforma, ma una legge conforme allo Statuto, abrogando quella che nega lo Statuto. In altre parole, le Province siciliane diventerebbero Consorzi di Comuni, secondo l’ipotesi lanciata da Brunetta.
È chiaro che tutto il relativo costo della politica, come si usa chiamare ora, sarebbe tagliato di colpo, mentre probabilmente l’apparato burocratico potrebbe essere fortemente snellito. In ogni caso, il bilancio delle Province così riformate in aderenza, ripeto, all’art. 15 dello Statuto, sarebbe a carico dei Comuni. Quindi, di botto, si potrebbe cancellare dal bilancio regionale la cifra già citata di 900 mln di euro.
Naturalmente, i Comuni dovrebbero diminuire i loro costi per il sostentamento della burocrazia provinciale e potrebbero farlo tagliando sprechi enormi, recuperando evasione e incassando imposte e tasse comunali che hanno una morosità indegna per una istituzione.
L’altro progetto di Brunetta è quello di mettere uno strumento informatico per accertare la cosiddetta customer satisfaction. Ogni cittadino che chiede un servizio a qualunque apparato della Regione o dei Comuni sarebbe in condizioni di esprimere la propria soddisfazione o insoddisfazione cliccando una delle tre faccine: quella che sorride, quella che è seria o quella che piange.
Così facendo, l’ufficio del personale dei singoli enti sarebbe in condizione di accertare statisticamente il grado di efficienza di ogni sportello e di tutti i servizi, in base al quale si manifesterebbe il gradimento o il non gradimento dei cittadini e, con ciò, premiare o sanzionare i dirigenti responsabili di quel servizio.
Anche in questo caso la Regione potrebbe anticipare l’iniziativa del Governo centrale, anche perchè l’ottimo assessore alla Presidenza, Giovanni Ilarda, ha gli strumenti per attuare rapidamente l’innovazione prima indicata, che non ha bisogno di legge regionale. Essa può essere attivata con strumenti amministrativi.
Caro Raffaele, non farti sfuggire queste due occasioni. Anche questi sono i modi per affermare che noi siciliani non abbiamo l’anello al naso, non siamo secondi a nessuno e che l’Autonomia ha un senso per andare più avanti degli altri e non restare al carro di quelli che ci sono già.