Barack Obama, all’inizio della crisi, ha salvato tutte le banche tranne una (Lehman Brothers, non si capisce perché) nonché le tre più grandi case automobilistiche (Gm, Ford e Chrysler) facendo loro adeguati prestiti che sono stati tutti puntualmente rimborsati.
Obama ha potuto effettuare tali operazioni autorizzando l’allora presidente della Federal reserve bank, Ben Bernanke, a stampare dollari nella misura di 10 miliardi al mese. L’inondazione di liquidità ha bloccato la crisi, ha salvato l’economia statunitense e ha creato milioni di nuovi posti di lavoro. Pardon, non posti di lavoro ma opportunità di lavoro, perché negli Usa l’entrata e l’uscita è assolutamente libera, fattore di ulteriore sviluppo.
In Europa, la Germania pagherà quest’anno 27 miliardi di euro sul debito pubblico, l’Italia, nonostante lo Spread ridotto, oltre 82 miliardi. Il Paese teutonico ha il vantaggio, solo per questa voce, di avere disponibile la differenza di 55 miliardi per sviluppo, crescita e occupazione.
Se il buon giorno si vede dal mattino, annuncio e retromarcia per mandare in pensione quattromila insegnanti e assumerne altrettanti sono paradossali, anche tenuto conto che l’attuale corpo di docenti è superiore al fabbisogno.
I quattromila nuovi pensionati avrebbe comportato una spesa addizionale di oltre un miliardo, quando invece bisognerebbe andare verso la riduzione della spesa, l’unico modo per ridurre le tasse e creare lavoro.
Ma intanto, come già abbiamo fatto rilevare in un precedente editoriale, il debito pubblico è aumentato (a maggio) a 2.166,3 miliardi contro 2.074,7 di dodici mesi prima.
Tutti sanno che il debito distrugge il futuro, perché comporta quell’onere enorme, prima indicato, di 82 miliardi. Per questo non si possono attivare i cantieri per costruire le infrastrutture al Sud, necessarie all’economia come l’aria che respiriamo.
Mentre ciò accade, si apre il cantiere della Tav per collegare Genova alle reti ferroviarie del Nord, via Alessandria. Ben 53 chilometri, di cui 37 in galleria: l’opera sarà completata nel 2020 per un costo di 6 miliardi.
Ma del Ponte sullo Stretto, che costerebbe al denaro pubblico non più di 3 miliardi, nessuno parla. Né i 172 parlamentari eletti in Sicilia, né la Classe dirigente siculo-calabra. Evviva. Gli asini volano!