Ricorre oggi, 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate.
La celebrazione del “Santo del Fuoco” rappresenta, per tradizione, anche il via al conto alla rovescia che porterà al Carnevale.
I festeggiamenti avvengono in onore e nel ricordo di Antonio Abate, l‘anacoreta egiziano patriarca del Monachesimo, passato alla storia come protettore degli animali domestici, del bestiame e degli allevatori.
Antonio nacque verso il 250 (la sua vita è collocata tra il III e il IV secolo dell’era cristiana) da una famiglia benestante di agricoltori nel villaggio di Coma, attuale Qumans in Egitto. Rimasto orfano dei genitori tra i 18 e i 20 anni, si ritrovò con un ricco patrimonio da amministrare e una sorella minore da educare.
Fu proprio in quella fase che decise di stravolgere completamente la propria esistenza, decidendo sull’esempio di alcuni anacoreti che vivevano nei dintorni dei villaggi egiziani, di rinunciare a tutto ciò che aveva e vivere in preghiera, povertà e castità.
Vendette così tutti i beni di famiglia, affidò la sorella a una comunità di vergini e iniziò la sua vita ascetica prima davanti casa e poi fuori dal paese.
Sant’Antonio Abate passò un lungo periodo da anacoreta nel deserto della Tebaide, vivendo soltanto di stenti. Proprio in solitudine scoprì i suoi poteri di taumaturgo e di esorcista, fino al momento della morte avvenuta a 106 anni il 17 gennaio del 356.
Durante la sua esistenza, con il suo esempio, era riuscito a generare una vera e propria comunità di fedeli discepoli, cosicchè in Tebaide tante persone desiderose di una vita più spirituale iniziarono a ispirarsi a lui e seguire il suo stile: fu così che nacquero i primi Monasteri.
Nel 561 il suo sepolcro, che era rimasto segreto, venne scoperto e le reliquie cominciarono un lungo viaggiare nel tempo e nello spazio, da Alessandria a Costantinopoli, fino ad arrivare in Francia, nell’XI secolo, a Motte-Saint-Didier, dove fu costruita una chiesa in suo onore.
Proprio in questa chiesa iniziarono ad arrivare per venerare le reliquie folle di malati, affetti da ergotismo canceroso causato da un fungo presente nella segale, usata per fare il pane.
Il morbo, oggi noto come herpes zoster, era conosciuto sin dall’antichità come “ignis sacer” (“fuoco sacro”) in virtù del bruciore che provocava. Per ospitare tutti gli ammalati che giungevano, venne costruto un ospedale e venne fondata una confraternita di religiosi, l’antico ordine ospedaliero degli ‘Antoniani’; il villaggio prese il nome di Saint-Antoine de Viennois.
Il Papa permise agli “Antoniani” di allevare maiali per uso proprio e a spese della comunità, cosicchè i suini poterono circolare liberamente fra cortili e strade non venendo toccati da nessuno se dotati di una campanella di riconoscimento.
Il loro grasso veniva usato per curare l’ergotismo, successivamente denominato come prima “il male di Sant’Antonio” e poi “Fuoco di Sant’ Antonio”.
Per questo motivo, nella religiosità popolare, il maiale cominciò ad essere associato al grande eremita egiziano: Sant’Antonio Abate divenne il santo patrono dei maiali e per estensione di tutti gli animali domestici e della stalla. Sempre per questa ragione, è invocato contro le malattie della pelle in genere.
Nella sua iconografia compare oltre al maialino con la campanella, anche il bastone degli eremiti a forma di T, la “tau”, vale a dire l’ultima lettera dell’alfabeto ebraico con allusione alle cose ultime e al destino, ossia ciò a cui l’anacoreta egizio aveva dedicato l’esistenza.
Secondo una nota leggenda popolare, Sant’Antonio si recò all’inferno, per contendere l’anima di alcuni morti al diavolo. Mentre il suo maialino creava disturbo ai demoni, lui accese col fuoco infernale il suo bastone a forma di “tau” e lo portò fuori insieme al maialino recuperato. Sant’Antonio Abate donò così il fuoco all’umanità, accendendo una catasta di legna.
Il Santo protettore degli animali e del fuoco è festeggiato, oggi 17 gennaio, in quasi tutti i comuni rurali d’Italia e dappertutto la sacra ricorrenza è caratterizzata dalla benedizione degli armenti e dai fuochi propiziatori. Anche in Sicilia, naturalmente, la festa di Sant’Antonio Abate è molto sentita.
Si pensi alla fiamma di Campofelice di Fitalia e alla benedizione degli animali e dei trattori di alcuni paesi della Valle del Sosio, tra le province di Palermo e Agrigento. Ad Aragona, oltre alla benedizione solenne degli animali, i festeggiamenti comprendono una ricca degustazione di prodotti tipici locali e una caratteristica sfilata (“acchianata”) di cavalieri.
Sant’Antonio Abate è, inoltre, il patrono di Misterbianco, a Catania: nella provincia etnea, infatti, la Festa è snodata in due diversi periodi dell’anno.
La festa liturgica, ogni anno appunto il 17 gennaio, con la benedizione del pane e degli animali, e la grande festa solenne celebrata con cadenza triennale la prima domenica di agosto.
“Glorioso S. Antonio, come ci edifica e commuove il vostro esempio! Seguendo il consiglio del Vangelo, rinunciaste alle ricchezze e agli agi ritirandovi nel deserto. Poi, benché vecchio, con la sete del martirio in cuore, lasciaste la solitudine per convertire gli infedeli e rinforzare nella fede i cristiani vacillanti. Vi preghiamo di ottenerci lo zelo nella fede, l’amore alla Chiesa, e la perseveranza nel bene. Vorremmo chiedervi anche l’eroismo di osservare i consigli evangelici per essere associati con maggior merito alla vostra gloria in Cielo”.
“O trionfatore glorioso del demonio, indarno armato in multiformi maniere contro di Voi, Sant’Antonio abate, proseguite la vittoriosa opera vostra sull’inferno, congiurato ai nostri danni. Da quei colpi funesti salvate le anime nostre, fortificandole nelle spirituali battaglie; ai nostri corpi impetrate costante la sanità;
dilungate dagli armenti e dai campi ogni maligno influsso; e la vita presente, vostra mercè tranquilla per noi, ci sia saggio e apparecchio alla pace perfetta della vita eterna. Amen”.
A festeggiare l’onomastico, in questa data, sono coloro i quali portano i nomi “Antonio”, “Antonia”, “Antonino”, “Antonello”, “Antonella”.