La grave crisi ha messo a nudo questa anomalia e ora bisogna correre ai ripari per ripristinare l’equilibrio fra dipendenti pubblici e privati, in modo tale che non vi siano più né privilegiati né cittadini di serie B.
Lo squilibrio fra pubblici e privati non è soltanto nel settore pensionistico, ma nel numero di ore previsto (36 per i privilegiati, addirittura 18 per gli insegnanti, contro 40 dei privati, fatta eccezione per i giornalisti per cui sono previste 36 ore). Vi è uno squilibrio per le assenze dovute a malattia, valutate in circa 30 per anno fra i dipendenti pubblici e meno di 10 per quelli privati. Vi è poi l’abuso dei distacchi sindacali, quasi tutti nel settore pubblico e ridotti all’osso in quello privato.
Ma la più evidente differenza si rileva nel rendimento del lavoro. Nel settore pubblico, nessuno risponde per quello che fa o non fa, o per quello che fa male, né dirigenti né dipendenti. Cosicché resta ininfluente rispetto al costo e agli stipendi il raggiungimento o meno di obiettivi.
Si tratta di una discrasia che crea malumore nella maggioranza dell’opinione pubblica.
Perché la corruzione? Perché è evidente che quando c’è opacità e inefficienza i cittadini o le imprese che hanno bisogno di autorizzazioni, concessioni e consimili provvedimenti amministrativi sono quasi obbligati a chiedere il favore o fare intercedere qualcuno per ottenere qualcosa cui abbiano diritto.
Proprio la cultura del favore ha rovinato l’Italia, soprattutto la parte meridionale e le Isole, in cui ancora oggi, purtroppo, non c’è una Pubblica amministrazione al servizio dei cittadini, ma che continua a trattarli come servi. E questi non reagiscono.
Ecco il nocciolo della questione: la remissività dei cittadini rispetto ai pubblici dipendenti. Invece, dovrebbero protestare, inviando mail di fuoco ai quotidiani, dove si cita il nome e cognome del dipendente o dirigente pubblico che non fa il proprio dovere. D’altra parte, i quotidiani dovrebbero fare il loro mestiere, che è quello di rappresentare l’opinione pubblica e soprattutto dare voce ai cittadini più deboli.
C’è, dunque, il modo per uscire da questa dannata crisi. Occorre che ogni dipendente privato faccia il proprio dovere, come quello pubblico, utilizzando le stesse regole.